Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

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mercoledì 2 dicembre 2020

Spanish Flyer






Negli anni novanta la tendenza per customizzare gli Sportster  (quando non si voleva realizzare un bel chopper con telaio rigido) era più o meno una: ciclistica prelevata da qualche “jap” sportiva, motore elaborato pesantemente, verniciatura vistosa. Questo prima che negli anni duemila si affermasse il fenomeno cafe racer e, un decennio più tardi, si iniziasse ad esplorare infinite forme di customizzazione.

Specialmente in Francia si poneva molta attenzione all'aspetto cromatico, fondamentale per supportare un'ottima elaborazione.

Nel 1997 sulla rivista Freeway Magazine Italia appare questo Sportster costruito in Spagna seguendo quella logica. La base di partenza è un 883 del 1991 con cambio a cinque rapporti e trasmissione finale a cinghia, sul quale viene montata una forcella a steli rovesciati prelevata da una Suzuki GSX-R 750, abbinata a cerchi della Performance Machine in lega da 17 pollici di diametro con canale da 3.5 (anteriore) e 4.5 pollici al posteriore.  La stessa azienda fornisce anche i dischi freno, molto in voga in quegli anni.

Il motore subisce un notevole aumento di potenza grazie alla cilindrata portata a 1427 cc tramite pistoni Axtell, carburatore S&S Super G dotato di Thunderjet, cammes Redshift, aste Crane, scarico due-in-uno Supertrapp.

Troviamo una serie di altri componenti di pregio come le pedane arretrate Storz, specchietti Arlen Ness e carrozzeria di tipo “warbird”, altro elemento che per un periodo di tempo è stato utilizzato in molte preparazioni.


mercoledì 18 novembre 2020

Under 6!!!!



I dragster non sono quel genere di moto in voga nel vecchio continente. Ogni tanto si vedono elaborazioni a tema e ci sono anche dei campionati organizzati, ma si tratta di ben poco, diversamente da quanto avviene negli Stati Uniti.

Questo Sportster costruito per le gare di accelerazione è apparso sulla rivista Freeway Magazine del lontano 1995, mostrando quanto si può elaborare lo “small-block” (inserito in un telaio apposito...).  

La cilindrata è infatti arrivata a 1900 (pistoni Ross) ed è stato indispensabile intervenire su imbiellaggio (S&S) ed albero motore per evitare rotture immediate. Carburatore S&S, teste STD, cammes Zippers ed accensione Dyna S Single Fire (che fornisce la scintilla all'interno del cilindro nella fase utile e non in maniera simultanea) completano l'opera.

Sono passati oltre venti anni dalla costruzione di questo Sportster per le drag-racing e questo la dice lunga su quanto questo motore sia robusto, dal momento che è stato spremuto a dovere.


mercoledì 11 novembre 2020

Smanett-One!!!!!



 
                                       
                                                                         
          

Le preparazione in chiave racing degli Sportster, in Europa negli anni novanta, era sostanzialmente quella che si vede su questa moto apparsa sulle pagine della rivista italiana Freeway Magazine del 1995: si interveniva a fondo sul motore (talvolta anche sulla ciclistica adottando cerchi e forcelle prelevati da "jap" sportive), si montavano parafanghi in materiale plastico (prelevati da qualche catalogo) e si verniciava la moto in maniera abbastanza vistosa. Semi-manubri e pedane arretrate erano d'obbligo, seppur il concetto di cafe-racer si sarebbe affermato come moda negli anni duemila. 

Su questo Sportster 883 del 1989 (con trasmissione finale a catena e cambio a quattro rapporti) è stato cromato anche il telaio. Il motore è stato elaborato secondo la ricetta dell'epoca che prevedeva carburatore (nello specifico S&S Super E), motore portato a 1200 cc con pistoni dal diametro più grande (quasi sempre si utilizzavano i Wiseco dello stesso peso degli originali), alberi a cammes dal profilo più spinto (Andrews come in questo caso o Screamin'Eagle) e scarico due-in-uno Supertrapp (raramente venivano adottati altri scarichi). In più sono state lucidate le teste e rifatto completamente l'imbiellaggio.

A parte la verniciatura, negli anni questo modo di rivisitare gli Sportster in chiave quasi pistaiola ha fatto tendenza.


domenica 29 marzo 2020

Cambiamento epocale!!!!!!

Condivido questo editoriale della rivista Freeway Magazine apparso sul numero 79 del 2000, con alcune considerazioni....

Nel 2000 Carlo Talamo lasciò l'importazione della Harley-Davidson per concentrarsi solo su Triumph (…..ed altri progetti...). La sua Numero Uno sarebbe diventata un ricordo per molti che avevano avuto la fortuna di vivere appieno quel glorioso periodo, mentre Harley-Davidson avrebbe cambiato radicalmente pelle. La dimensione genuina,  l'impronta imprenditoriale “talamiana”, avrebbe lasciato spazio ad una connotazione più fredda del marchio americano.

Freeway Magazine dedicò questo editoriale al cambiamento epocale e, probabilmente, scelse la foto dello Sportster bombardato in pista perchè meglio rappresentava il nuovo corso, fatto di numeri di vendita crescenti in maniera quasi vorticosa e di un interesse oltremodo dilagante.

Quando avvenne questo passaggio di consegne (di cui tutti sapevano da tempo) avevo già abbracciato il marchio inglese Triumph e deciso di continuare l'avventura con Carlo Talamo ed il suo staff (anche se da amico/cliente), sebbene avessi nel cuore sempre lo Sportster e continuassi a documentarmi quanto più possibile sull'argomento.

All'ora, come oggi, ero attratto dalla dimensione romantica ed allo stesso tempo goliardica del motociclismo che trovavo appieno nella Numero Tre e nell'impronta data da Carlo Talamo. Quando Carlo morì, nel 2002, quell'impronta man mano si perse, tanto è vero che alla fine tornai definitivamente sul mio primo amore: lo Sportster. La moto comprata nel 1992 (il mio primo Sportster è ancora in giro e risulta essere in Molise. Peccato non lo vendano nemmeno sotto tortura....). Quella che per me rappresenta la più bella moto in assoluto.

Concludo con un velo di polemica. La vita è fatta di momenti, periodi ed epoche, ma la storia non si può dimenticare. Ed in questo senso sembra che in Harley-Davidson abbiano voluto cancellare a tutti i costi la storia fatta da Carlo Talamo in Italia, forse perchè troppo scomoda. 


venerdì 29 giugno 2018

A Sud di Stoccolma!!!

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997


Negli anni novanta la parola “chopper” veniva associata quasi unicamente a Svezia.


Lunghe forcelle, interassi illimitati, cannotti di sterzo molto “aperti”, gommoni posteriori giganteschi, motori elaborati e drag-pipes per farsi sentire a chilometri di distanza erano un must per chi doveva costruire un chopper.

Si trattava di una vera e propria influenza di stile che ritroviamo anche in questo chopper costruito nel 1997 dalle parti di Lecce (Puglia).

Il motore Sportster Ironhead del 1974, con nuovi pistoni Wiseco che non alterano la cilindrata originale, è smontato e revisionato ma, a parte un carburatore Mikuni da 36mm con filtro dell'aria Arlen Ness e relativo scarico, non subisce altri interventi ed è inserito in un telaio rigido con cannotto dello sterzo inclinato a 42 gradi (!!!!!!!!!).

Anteriormente troviamo una forcella Jammer che lavora su un cerchio da 19 pollici. Come tutti i chopper dell'epoca è la parte posteriore il vero pezzo : una ruota Calles da 15 pollici ed 80 raggi con pneumatico automobilistico e corona in funzione di disco freno della Tolle. Come da abitudine per quei tempi, nel costruire la moto si è fatto ampio ricorso a parti in alluminio billet.

venerdì 15 giugno 2018

Midnight Rambler

sportster ironhead 1000 on freeway magazine 1997

sportster ironhead 1000 on freeway magazine 1997

Sono passati oltre venti anni dall'elaborazione di questo Ironhead 1000 ed è palese la tendenza dell'epoca.....


Negli anni novanta in Italia, agli albori del custom che riguardava praticamente solo le Harley-Davidson, una delle mode era quella di “modernizzare” le Harley prelevando quasi tutta la ciclistica da una moto giapponese sportiva, ad iniziare dai cerchi. Esteticamente la moto appariva come un ibrido mal riuscito e stonava non poco questo abbinamento.  In aggiunta si elaborava il motore pesantemente. A dire il vero questa tendenza riguardava le numerose officine che iniziavano a sorgere nella penisola, ma non le moto customizzate dalla Numero Uno e da Carlo Talamo che mantenevano altre prerogative. 

Infatti l'Ironhead ha pistoni Wiseco in grado di aumentare la cilindrata, silenziatori in carbonio e filtro dell'aria S&S. Cerchi Marchesini, forcella Showa e forcellone JMC (altra moda dell'epoca era l'utilizzo di questi forcelloni quando si montavano cerchi più larghi) completano le modifiche effettuate che fanno a completarsi attraverso qualche accessorio. 

Ciò che veniva mostrato da chi effettuava questo tipo di preparazioni, era il grosso lavoro di meccanica indispensabile per adattare la ciclistica proveniente da altre moto. Gli interventi sul motore, almeno in Italia, spesso erano approssimativi sebbene si utilizzassero numerose parti, dal momento che tecnici preparati per le Harley-Davidson erano quasi solo quelli formati dalla Numero Uno.  Non era inusuale vedere molti motori elaborati con potenze nettamente inferiori a quelle che avrebbero potuto sviluppare con un corretto lavoro di montaggio e messa a punto.
Questo Ironhead offre esattamente la dimensione della tendenza che si era diffusa in Italia negli anni novanta.


venerdì 8 giugno 2018

Wild Wide Forks

sportster chopper on freeway magazine 1999

sportster chopper on freeway magazine 1999

sportster chopper on freeway magazine 1999

Una lunga forcella che sbuca dal lontano 1999......


Inauguriamo ufficialmente oggi la rubrica “Amarcord”, con gli Sportster apparsi sulle riviste di moto fino al 2010. Lo scopo è quello di voler offrire una ricostruzione storica del fenomeno custom in Italia attraverso immagini e scritti  di riviste famose, passando principalmente attraverso lo Sportster.
La moto che presentiamo oggi è un chopper costruito in Italia sulla scia dell'influenza svedese, recepita dalla maggior parte dei customizer nostrani.

Il telaio è un rigido con forcella inclinata di 40 gradi ed il cannotto di sterzo allungato di dieci pollici. 
Altra particolarità dell'epoca era quella di montare posteriormente un grosso pneumatico da 200 mm su cerchi da 16 pollici con moltissimi raggi (in questo caso ottanta), con la trasmissione finale a catena. In quegli anni iniziarono ad apparire, almeno in Italia, i primi serbatoi dell'olio dalla classica forma  “a botticella” . L'ampio uso di alluminio billet (la OMP era leader in questo campo) e l'aumento di cilindrata nei motori 883 tramite alesaggio e pistoni Wiseco, era un must per chi voleva tirare fuori qualche cavallo dallo Sportster di serie.

Tornando al momento storico, in quegli anni in Italia si era diffusa la moda dei chopper che andò di pari passo con l'aumento delle sanzioni ed i ritiri di molti libretti in quanto gran parte delle moto erano totalmente fuorilegge.

In questo articolo si sottolinea la situazione esistente.


venerdì 28 aprile 2017

Gas aperto e....via!!!!! - Editoriale tratto da Freeway Magazine n.25 del 1996

editoriale freeway magazine italia n 25 del 1996

 

Ci sono dei momenti nella vita in cui devi guardarti dentro, capire bene quello che vuoi ed aprire il gas a manetta. Sapendo che non potrai tornare indietro.

 

Poche righe di questo tenore, aprono l'editoriale sulla foto di un motore Sportster preparato per le drag-race.

Siamo negli anni novanta: un decennio fondamentale per il successivo sviluppo del “custom”, dove le elaborazioni su base Harley-Davidson  (Sportster in particolare) aumentano a dismisura, grazie anche all'apporto fondamentale della rivista  “Freeway Magazine” che raccoglie sempre più consensi tra gli appassionati e si trova a dover gestire questa situazione anche a livello editoriale, dovendo incrementare le forze della domanda del settore.

Se a livello produttivo, nel 1996 non ci sono grosse novità riguardanti lo Sportster, tuttavia in Italia Carlo Talamo lancia l'idea del Trofeo Short-Track da fare con le 883, dopo aver compreso il ruolo fondamentale dello Sportster nella generale economia della Harley-Davidson.

Possiamo affermare che il 1996 rappresenterà l'anno in cui sarà messo, almeno in Italia, il primo mattone per la costruzione di quel prolifico futuro dello Sportster che non accenna a diminuire.
 


mercoledì 26 aprile 2017

Blondes more have a fun!!!!!

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 1

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 2

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 3

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 4

Prima che la Harley-Davidson mettesse in produzione la Iron 883, il nero sugli Sportster era quasi un'eresia, ma ogni tanto qualcuno si cimentava nella difficile operazione di far sembrare la “piccola” di Milwakee più scura della notte.

 

Rovistando tra le vecchie riviste, abbiamo trovato questo Sportster e ci è preso un tonfo al cuore. La moto è apparsa sulla rivista Freeway n.18 del 1995, riportandoci indietro a quel tempo e, come una sorta di  flashback istantaneo, gli anni novanta sono davanti ai nostri occhi alla velocità di un dragster e con il rombo di uno scarico Supertrapp.

Le preparazioni degli Sportster avevano connotati ben precisi e per lo più andavano nella direzione di un chopper a telaio rigido o di un custom con molte cromature, vernici appariscenti e motori elaborati.

Questa 883 è un palese oltraggio a quel periodo e per questo ci ha attirato. A parte il grosso lavoro per rendere nere le parti e la classica elaborazione del motore con cilindrata portata a 1200 tramite pistoni Wiseco forgiati, carburatore S&S e scarico Supertrapp, non si è in presenza di una moto che strabilia. Però riguardandola oggi, con lo spirito del tempo, fa venire qualche lacrimuccia.

Così come l'articolo scritto dal buon Luca Mattioli, dal quale traspare il fervore di quegli anni, magici per molti versi.


UP: motore nero
DOWN: filtro dell'aria


venerdì 21 aprile 2017

X-Racers

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 1

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 2

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 3

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 4

 

Nel lontano 1994 la maggior parte delle realizzazioni su base Sportster avevano spesso dei “clichè” determinati, dal momento che se ne esaltava l'aspetto custom o, al contrario, ci si orientava verso telai rigidi e lunghe forcelle. Supercycles di Nizza decise di percorrere nuove strade. 

 

Prese vita, così, il progetto della X-Racers, che richiamava molto da vicino le famose XR 750 da Dirt-Track, ma vista in chiave Hi-Tech.
In quegli anni, infatti, nascquero molte aziende specializzate nella lavorazione dell'alluminio “billet” che divenne un must su molte motociclette. Di conseguenza molti customizzatori vi attingevano a piene mani.

La particolarità di queste moto (sono due con pochi elementi di differenza) è da ricercare anche nel grande sforzo effettuato per spremere cavalli dal motore. Per montare due carburatori Dell'Orto sul lato destro, si è dovuta rivisitare la testata posteriore (dove sono state invertite le valvole di aspirazione e scarico) e degli alberi a cammes Andrews che si trovavano a lavorare in maniera differente. 

Si tratta di un ulteriore lavoro in aggiunta a quello di elaborazione del motore che vedeva il montaggio di teste a quattro candele (che la Harley-Davidson avrebbe messo in produzione solo qualche anno dopo, ovvero nel 1998) e la cilindrata portata a 1200 cc.

L'elaborazione del motore resta la parte più importante di tutto il progetto, che ha riguardato anche la ciclistica e, come detto prima, l'aspetto estetico (basti guardare diligentemente tutte le parti che sono state lucidate).
Se pensiamo che per realizzare queste moto il tempo è stato di quasi un anno......

Nell'articolo tutto il procedimento è descritto con estrema accortezza, peccato per le foto che non  inserite nel modo giusto ed incomplete.

UP: progetto innovativo per l'epoca
DOWN: le foto mortificano le due motociclette



venerdì 20 gennaio 2017

"A chi facciamo del male ?" - Editoriale tratto da Freeway Magazine Italia n.186 del 2009

editoriale di freeway magazine italia n 186 del 2009

 Proprio in questi giorni in cui si sta svolgendo il Motor Bike Expo di Verona ed è da poco partita la Battle of The Kings per la miglior customizzazione su base Sportster Roadster 1200, mi è capitato tra le mani questo vecchio editoriale che mi fa pensare non poco.....

 

Il buon Luca Mattioli, ponendo al centro delle sue riflessioni la foto di un biker che viaggiava a bordo del suo Sportster chopper con telaio rigido e forcella  “springer”, faceva notare come, forse, vi fosse dell'altro in tema di normative riguardanti le modifiche legali alle moto.
Rileggendo questo editoriale a distanza di quasi dieci anni mi accorgo che poco o nulla è cambiato Italia.

Il movimento custom sta vivendo un periodo di fermento forse senza precedenti, abbracciando non solo il settore motoristico in senso stretto, ma anche altri ambiti, diventando un vero e proprio “must”. 
Eppure, a fronte di questo notevole consenso, elaborare la moto (o la auto) senza incorrere nelle ire del legislatore è praticamente impossibile: perchè ???

Se il motivo è il rispetto degli standard di sicurezza e ambientali, siamo certi che montando delle parti regolarmente testate ed omologate in Europa il veicolo diventi pericoloso o si contravvenga alle normative ambientali ???? Forse il problema di fondo è un altro. Leggete attentamente l'editoriale. 




martedì 20 dicembre 2016

Power of Gold

sportster digger on freeway magazine italia n 5 year 1994 pag 1

sportster digger on freeway magazine italia n 5 year 1994 pag 2

 

Continuiamo il viaggio tra gli Sportster elaborati negli anni novanta e duemila  con questo “digger” costruito negli States.

 

La moto è stata costruita nel 1983, utilizzando come base un motore Ironhead 1000 proveniente da un XLCH del 1972, ma è apparsa in Europa solo dieci anni dopo.

Gli interventi sono talmente profondi e radicali, da poter parlare di costruzione di una nuova moto.

Tanto per cominciare: il motore non solo è stato trapiantato su un nuovo telaio, ma è stato smontato per intero e revisionato aumentandone notevolmente la potenza, nonché impreziosito esteticamente.

Un must nell'elaborazione dei motori Harley-Davidson di quegli anni è rappresentato dall'utilizzo del carburatore Dell'Orto a doppio corpo (quello montato sulle macchine per intenderci).

Anche il resto della moto è stata curata nei minimi dettagli, ad iniziare dalla verniciatura della moto, passando attraverso le numerose cromature e finendo con il lavoro di cesello effettuato sul molte parti del motore.

Questo stile, molto in voga in quegli anni, nemmeno a dirlo fu lanciato da Arlen Ness negli USA e prese piede anche nel vecchio continente grazie, soprattutto, ad un periodo di forte espansione economica.



giovedì 15 dicembre 2016

La Corsa!!!!!!

la corsa sportster built in 1993 by battistinis 1
la corsa sportster built in 1993 by battistinis 2

la corsa sportster built in 1993 by battistinis 3

la corsa sportster built in 1993 by battistinis 4

 

Se negli States inizia l'epopea di Arlen Ness, in Europa un certo Battistinis non sembra essere da meno......

 

Questa moto è un tripudio di cromo ed alluminio, con un inedito telaio semirigido (i due ammortizzatori sono nascosti nella parte posteriore), molto lungo, ed un motore Sportster con cilindrata portata fino a 1495 attraverso parti provenienti da kit S&S e Carl Speed Shop.

La moto è curata maniacalmente e sembra non si sia badato a spese per costruirla.

In quegli anni di notevole benessere economico, infatti, “custom” equivaleva a molti soldi spesi per modificare la propria moto. In pratica, più si spendeva e più la moto era considerata bella. Altro “must” dell'epoca era l'elaborazione senza freni dei motori Harley-Davidson, sia dei Big Twin che degli Sportster. 

La Corsa apparve in copertina, sul numero uno della rivista Freeway Magazine Italia e fu un ottimo biglietto di presentazione.

 


martedì 13 dicembre 2016

Small is beautiful!

sportster custom built in 1999 on freeway magazine pag 1

sportster custom built in 1999 on freeway magazine pag 2

sportster custom built in 1999 on freeway magazine pag 3

 

Negli anni'90 lo stile creativo di Arlen Ness ha ispirato molti customizer.


Lunghi parafanghi, avvolgenti fiamme, telai in tinta, alluminio profuso a volontà su numerose parti, erano un must per chi si voleva ispirare al grande customizer americano. La maggior parte delle customizzazioni a tema avveniva sui Big Twin Evolution. Ogni tanto qualcuno si cimentava sullo Sportster elaborando anche il motore.

Uno stile che ha avuto senso in un periodo di benessere economico.

 


lunedì 16 maggio 2016

Ready to go!!!!!



 

Telaio rigido e motore Harley-Davidson Sportster: tutto quello che serve per viaggiare in libertà. Direttamente dal lontano 1998.....

 

Rovistando nell'album dei ricordi (vecchie copie della rivista Freeway Magazine Italia), mi sono imbattuto in questo chopper su base Sportster che ha attirato la mia attenzione. Non solo per la generale cura della realizzazione, ma anche per il fatto che quasi vent'anni addietro in Europa i chopper dal telaio rigido erano una prerogativa della scuola scandinava, svedese in particolare, anche se con delle peculiarità: lunghe forcelle, grossi pneumatici posteriori (spesso di derivazione automobilistica) e motori Panhead e Shovelhead utilizzati la maggior parte delle volte.
Sono quindi rimasto affascinato da questo chopper, oltretutto costruito in Francia, sulla base di un motore Sportster Evolution.
La moto in questione è un insieme di parti prelevate da alcuni cataloghi, cosa non sempre facile in quegli anni, poiché internet era appena nato e sconosciuto alla maggior parte delle persone. 
Il telaio è Paughco, cui sono state abbinate ruote anteriore da 21 pollici e posteriore da 16 con freni Performance Machine, dentro al quale viene installato un motore 883 dotato di carburatore S&S.
Il telaio rigido comporta, poi, lo spostamento obbligatorio della batteria dietro al motore.


UP: un chopper dal telaio rigido molto curato

DOWN:  il manubrio eccessivo
 


 


lunedì 9 maggio 2016

Sportster Custom 2004

sportster custom 2004 articolo

 

Il 2003 segna la fine degli Sportster con il vecchio telaio e molte vibrazioni. Il nuovo anno si preannuncia denso di novità.

 

Tra il 2001 ed il 2003 le voci di un nuovo Sportster erano incontrollate. Si sapeva solo che la Harley-Davidson stava apportando sostanziali modifiche alla moto, ma niente altro.
Finalmente, dopo tanta attesa, la nuova Sportster viene presentata e messa in produzione nel 2004 attraverso vari modelli. La sostanziale novità risiede nella diversa configurazione del telaio e nel montaggio di silent-blog che la rendono più confortevole, pur senza eliminare le  “good vibration” tanto care agli harleysti.
Nei vari modelli vi sono le versioni Custom, indicate con la sigla  “C”, con i motori 883 e 1200. Non si tratta di una novità assoluta per questi modelli (già prodotti nel 1998), ma questa volta beneficiano delle innovazioni apportate dal nuovo progetto.

Le caratteristiche di queste versioni sono sostanzialmente l'adozione del cerchio posteriore lenticolare da 16 pollici, abbinato all'anteriore a raggi da 21 pollici, il serbatoio del carburante da 17 litri dalla linea filante, la seduta a soli 668 cm da terra ed una abbondanza di cromature, oltre alla possibilità di scelta di una infinità di colori.
Il motore 1200, inoltre, beneficia di nuove teste, cammes, pistoni e bielle alleggerite, che lo rendono particolarmente vivace.
Nel tempo i modelli Custom saranno abbastanza ricercati, anche se non al livello delle serie Roadster 1200.
In questo articolo, tratto dalla rivista Freeway Italia, vengono messi in evidenza i punti caldi della moto.



 


mercoledì 30 marzo 2016

Una tracker per l'Europa: Harley-Davidson XR 1200!!!!


Dieci anni fa la Harley-Davidson presentava al Salone di Colonia il prototipo della XR 1200, la futura Sportster ispirata alle gare di flat-track ed alla mitica XR 750, studiata appositamente per il mercato europeo.  

 

Siamo nel 2006, all'interno del panorama motociclistico mondiale si è affermato il trend delle cafe racers, termine che genericamente fa riferimento alle moto dal piglio sportivo, di ispirazione classica. Qualche casa come la Triumph ha addirittura immesso sul mercato un modello specifico come la Thruxton. La Buell ha in listino i modelli XB con motore di derivazione Sportster. La Ducati continua a cavalcare l'onda dei successi con uno dei tanti aggiornamenti della Monster, e presenta le prime Sport Classic. Quasi tutti i customizer presentano moto a tema, pur se il concetto di cafe racers assume contorni sempre meno nitidi.

La XR 1200 viene accolta molto bene dalla stampa: si tratta della prima Harley-Davidson sportiva dopo decenni, potenzialmente in grado di attirare motociclisti invisi alle motociclette di Milwakee in quanto ritenute non guidabili.

Si passa poi all'elencazione dei dati tecnici: potenza tra 85 e 90 cv, forcella Showa upside-down con steli da 43 mm, freni Nissin, cerchi da 18 pollici all'anteriore (le moto del Trofeo che verrà organizzato qualche anno dopo in Italia monteranno il cerchio anteriore da 17 pollici n.d.r.) e 17 dal posteriore, abbinati a pneumatici Dunlop forniti di serie nelle misure 120/70 all'anteriore e 180/55 al posteriore.
A corredo di tutto le impressioni del tester che ne ha seguito lo sviluppo, Matt Weber, il quale sottolinea l'importanza della maneggevolezza di questa moto.
La presentazione è azzeccata e pone giustamente l'accento sulle qualità di una moto che in casa Harley-Davidson mancava, nonostante la presenza delle Buell.