Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

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mercoledì 11 dicembre 2019

Stealty Sportster

stealty sportster scrambler black

stealty sportster scrambler black

stealty sportster scrambler black

stealty sportster scrambler black


Volete costruirvi il vostro Sportster scrambler senza spendere una fortuna, ben figurando nel odierno contesto sub-urbano????? Questa potrebbe essere la risposta.....


E' indubbio che ogni periodo storico ha le sue mode e tendenze. E' un principio che riguarda ogni aspetto della vita. Così, anche in ambito motociclistico, dapprima sul finire degli anni ottanta abbiamo assistito all'esplosione del fenomeno custom, grazie all'affermarsi anche in Europa del fenomeno Harley-Davidson. Poi, agli inizi del nuovo millennio, hanno dominato la scena le cafe-racer. Attualmente ci sono le scrambler nelle sue varianti (flat-tracker e street-tracker) e molteplici costi di realizzazione

Tendenzialmente questo tipo di moto dovrebbe essere robusta, essenziale e poco costosa, ma non sempre è così....

Prendiamo questo Sportster: si parte da un modello Evolution 883 di ultima generazione con motore nero (probabilmente un Iron 883) che si rende un poco più performante con filtro e scarico (qui è stato montato un due-in-uno RSD). Volendo, ma non è necessario, si possono cambiare le sovrastrutture come serbatoio e parafanghi, dare una mano di nero opaco per rendere il mezzo simile a quelli di Mad Max, montare un paio di gomme tassellate (possibilmente delle stesse dimensioni di quelle indicate nel libretto di circolazione) e magari aggiungere una bella borsa (oppure un paio di borse) dall'aspetto vintage. Sullo Stealty Sportster è stato fatto di più: cerchio posteriore da 17 pollici (in luogo dell'originale da 16), ammortizzatori regolabili Ohlins, pneumatici Metzeler Karoo3, tabelle laterali porta numero, telaio supplementare per le borse. Sella artigianale e diverso serbatoio del carburante. In definitiva una bella scrambler e non eccessiva.   


martedì 18 aprile 2017

The Shout - Sportster 1200 Evolution

the shout sportster boardtrack by studiomotor side rightthe shout sportster boardtrack by studiomotor side left

the shout sportster boardtrack by studiomotor tank


the shout sportster boardtrack by studiomotor front end

 

Il periodo che va dagli inizi del '900 fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale, cioè attorno agli anni '50, sta diventando motivo di studio e riscoperta da una molteplicità di punti di vista.

 

E non si tratta solo del vivere quotidiano di quegli anni che sta influenzando l'attuale movimento “hypster”. In campo motoristico molti stanno volgendo lo sguardo a quelli che furono gli albori del motore a scoppio.
Nelle due ruote si sta andando alla riscoperta (o forse si dovrebbe dire rivisitazione) delle moto da board-track.
Cioè delle moto da corsa che correvano su circuiti ovali costruiti all'interno di grossi stadi.

Uno degli aspetti che probabilmente sta orientando molti customizzatori in questa direzione è l'estrema artigianalità dei mezzi dove, ad eccetto il motore, ogni parte è costruita in casa. 

A prima vista dato che si tratta di mezzi essenziale e con una impostazione base per tutti, si può pensare che siano tutti se non identici, quasi uguali. In realtà anche qui si tratta di un concetto che spesso viene sviluppato. In queste pagine abbiamo parlato di moto da board-track e probabilmente ne continueremo a parlare, così come di questo Sportster che ci ha colpito a prima vista.

Ogni elemento è costruito con estrema cura, anche dal punto di vista tecnico. Tanto per iniziare, il telaio in tubi da 3.2mm di tipo hard-tail, che è stato allungato ed abbassato anche per ospitare il lungo serbatoio del carburante e sul quale lavora una forcella di tipo “girder”.
I cerchi da 19 pollici, con pneumatici Metzeler Maraton sono l'unica concessione all'after-market. Il motore a carburatore da 1200 cc è di serie, eccetto un filtro dell'aria aperto ed uno scarico libero due-in-due anche esso costruito in casa.

I numerosi inserti in cuoio ed il cambio a mano, esaltano l'estrema cura costruttiva della moto, il cui unico appunto è nella parte posteriore del telaio che scende troppo quando, in realtà, avrebbe dovuto avere un andamento un poco più rettilineo.

UP: motore verniciato a polvere
DOWN: telaio che posteriormente si abbassa troppo
 



martedì 8 novembre 2016

Sportster Tracker Rock Solid Motorcycles

sportster tracker rock solid motorcycles side right

sportster tracker rock solid motorcycles side left

sportster tracker rock solid motorcycles mufflers

sportster tracker rock solid motorcycles back

 

 

Dal Portogallo arriva questo Sportster 1200 molto semplice ma altrettanto curato, che non adotta soluzioni tecniche o stilistiche innovative, ma percorre nel migliore dei modi strade già conosciute.


Le tracker sono, forse, il genere di moto che nell'immaginario collettivo del ventunesimo secolo, rappresentano l'idea di essenzialità, ancor più delle cafe racer e dei chopper che, nel frattempo, hanno evoluto il loro concetto originario, adeguandolo ai nuovi tempi.

Lo Sportster in questione è una tracker molto rifinita ma, nel contempo, con pochissimi fronzoli.

Il grosso del lavoro si concentra sul telaio, che viene modificato nella parte posteriore attraverso la creazione di un archetto sotto il quale è agganciato il corto parafango, e sull'aspetto cromatico. Il motore viene verniciato quasi tutto in nero in modo da sembrare un tutt'uno con il telaio e non subisce interventi, a parte degli scarichi artigianali ed un filtro dell'aria della Joker Machine.

La ciclistica resta praticamente di serie, salvo un paio di ammortizzatori della Ohlins in grado di alzare il retrotreno dello Sportster e due pneumatici Metzeler Karoo tassellati, indispensabili per questo tipo di moto.
Un serbatoio del carburante proveniente da una Yamaha ed altri dettagli (come ad esempio la trasmissione finale a catena che sostituisce quella originale a cinghia, un paramotore in alluminio ed un bellissimo faro) completano l'opera.

Uno Sportster estremamente curato.


UP: il telaio modificato nella parte posteriore

DOWN: gli scarichi che, per il tipo di moto, dovrebbero essere bassi 



 


martedì 4 ottobre 2016

Dark Dog Sportster tracker

dark dog sportster tracker by udo meuthen side right

dark dog sportster tracker by udo meuthen side left

dark dog sportster tracker by udo meuthen handlebar and gas tank

dark dog sportster tracker by udo meuthen back side right angle

dark dog sportster tracker by udo meuthen with 17 inchs wheels

dark dog sportster tracker by udo meuthen on the road version

udo meuthen with his sportster tracker in sporty meeting

udo meuthen on his sportster tracker in flat track

 

Una moto sviluppata nel tempo secondo precisi canoni tecnici, in grado di affrontare senza il minimo problema la vita quotidiana, le corse su pista asfaltata e sugli ovali in terra battuta...... 

 


La storia di Udo Meuthen e del suo Sportster è di quelle che riconciliano con il motociclismo più puro e merita di essere raccontata nella sua interezza, perchè piena di tanta sostanza e lontana secoli dall'odierno mondo del “più sei figo più sei importante”.


Passione vera ed una moto vera per una storia dal sapore antico

Nel lontano 1995 il nostro amico tedesco decide di comprare la sua prima moto: il suo sogno è una Harley-Davidson. Vuoi per il costo non eccessivo, vuoi per il fatto che è tra le Harley più europee (in fatto di handling), la scelta ricade su uno Sportster 883 che compra in Olanda con 4500 miglia all'attivo (poco più di 7000 chilometri) e con la quale (almeno inizialmente) si diverte a scorazzare lungo le strade della sua città.
Ma il demone della velocità e le gesta degli eroi del Mondiale Superbike di quegli anni (i vari Gobert, Fogarty, Corser, Edwards, Russell, Slight ecc.) minano la mente di Udo, facendogli venir voglia di portare lo Sportster sulle piste asfaltate.

Inizia il lungo lavoro sullo Sportster

Nel 1997 compra un kit di seconda mano della  “German Harley Cup” composto da serbatoio e codino in fibra di vetro (che prova due volte sul tracciato di LeLuc), iniziando anche il lento lavoro di adattamento di ciclistica e motore alle esigenze corsaiole.

Ma la passione di Udo sembra non aver mai fine e vuole anche portare la sua belva sugli ovali in terra battuta, senza rinunciare alle tradizionali sgroppate domenicali con  gli amici lungo qualche statale. Prosegue, così, il lavoro sulla moto, fino ad arrivare all'odierna configurazione.

Tanti cavalli ma ben sfruttabili
 
Il motore ha raggiunto la ragguardevole potenza di 75 cavalli alla ruota, ottenuti tramite  pistoni Buell ad alta compressione (10:1) che hanno portato la cilindrata a 1200 cc e relative teste Thunderstorm, carburatore Mikuni HSR da 42mm con filtro dell'aria Screamin' Eagle, scarico Supertrapp due-in-uno con 21 dischi ed Open End Cap, accensione Crane Cams Hi4 Single Fire, doppia bobbina. E' stata poi aggiunta una pompa dell'olio adottata dai modelli costruiti dopo il 1998, per svuotare meglio il carter a secco del motore, a tutto vantaggio di una migliore lubrificazione del motore stesso.


Con un gran motore serve un'ottima ciclistica

Il comparto sospensioni ha visto interventi sulla parte interna della forcella originale, attraverso il montaggio di molle WP progressive, mentre al posteriore due ammortizzatori sempre della WP (progressivi anche questi) da 400mm hanno preso il posto di quelli originali.

Sui cerchi un discorso a parte. Quelli di serie sono da 16 pollici al posteriore e 19 all'anteriore. Il nostro amico, dopo varie prove effettuate sia sul circuito asfaltato che sullo sterrato, ha ritenuto opportuno adottare il cerchio posteriore da 17 pollici, con canale da 4,25 (gomma Metzeler Rain K3) che ha comportato qualche problema di utilizzo, ben presto risolto. Come detto, all'anteriore attualmente la moto monta un cerchio da 19 pollici, con canale da 2,5 (gomma Heidenau K60), anche se per girare sugli ovali in terra battuta Udo spesso monta quello da 17.
Chiedendogli spiegazioni in merito, ci ha confidato che ha optato per il cerchio da 17 pollici per l'utilizzo nelle piste di flat-track, quando ha visto Marc Marquez andare come un forsennato al Superprestige, con la moto così configurata.

Fin qui abbiamo raccontato dell'evoluzione della “Dark Dog” e ben poco della storia di Udo.
Durante la lunga chiacchierata fatta, è emersa una passione incredibile per tutto ciò che sono le corse, sia a due che a quattro ruote. Ci ha raccontato che ama andare in pista con qualsiasi mezzo, anche se il suo Sportster rimane il preferito.
Ci ha parlato dei numerosi lavori e prove effettuate da lui stesso sulla moto. Dei continui affinamenti che ama apportare e di quanto si diverti a smanettare con lo Sportster anche per strada, lasciandosi dietro moto ben più prestanti (…..anche se questo ultimo particolare, in un periodo storico dove è “must”  il politically correct, non lo dovremmo raccontare.....), anche se il motore ha all'attivo oltre 45.000 chilometri, e di quanto si sia innammorato del flat-track. E' stato, inoltre, prodigo di particolari nel descriverci la fine messa a punto da effettuare con il regime di giri del motore e la trasmissione a seconda del tipo di ovale che si affronta.

Questo Sportster ci piace. Anzi, per dirla tutta, ci esalta. Non solo perchè ricorda molto da vicino le moto allestite dalla Numero Uno e dal compianto Carlo Talamo negli anni novanta per il trofeo italiano di short track, ma soprattutto per il fatto essere una vera moto da corsa stradalizzata realizzata nel garage di casa, che può essere adattata ai vari utilizzi.

UP: l'estrema versatilità della moto

DOWN: il codone troppo lungo e la verniciatura