Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

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giovedì 1 settembre 2022

The Player - 1997 Sportster 1200 cafe racer







Anthony Bruce Colin Chapman (ABCC), patron e fondatore della Lotus, è forse uno dei personaggi che maggiormente hanno influenzato il mondo delle corse a partire dagli anni settanta. 

Il suo motto "Simplify, then add lightness" (togliere il superfluo per avere maggiore leggerezza e guidabilità) ha rappresentato una vera ossessione per molti costruttori di auto e moto negli anni a seguire (specialmente per la scuola britannica).

Logicamente, chi vuole elaborare un qualsiasi mezzo seguendo questa filosofia, deve fare scelte ben precise. 

Ecco allora che negli States (dove vige una visione costruttiva diametralmente opposta) qualcuno (DP Customs cioè i fratelli Jarrod e Justin Del Prado) decida di mettere mani ad uno Sportster tributandolo ad una Lotus da competizione.

"The Player" ha come base di partenza uno Sportster del 1997 e nasce su specifica commissione di un cliente, che ha voluto una moto che si richiamasse esplicitamente alla Lotus di Mario Andretti del 1978 vincitrice del Campionato del Mondo di Formula Uno.

Il telaio è stato modificato ed stata fabbricata una carrozzeria dal look leggero e filante. Serbatoio del carburante e dell'olio sono fabbricati in acciaio con il secondo che si maschera da spoiler sotto il telaio. Anche lo scarico (due-in-uno) è artigianale, scorrendo sotto il telaio per abbassare il baricentro.

Comportamento su strada migliorato grazie ad ammortizzatori Progressive Suspension 970 interamente regolabili (più lunghi degli originali), forcella originale revisionata tramite olio più denso ed un kit di molle progressive e regolatori del precarico fornito da Speed Merchant. 

Per avere un assetto più bilanciato ed aumentare nel contempo anche la facilità di inserimento in curva della moto (grazie a minor masse in movimento), i fratelli Del Prado hanno anche progettato e costruito i cerchi in lega sostituendoli agli originali: ora abbiamo un posteriore da 18 pollici ed un anteriore sempre da 19 pollici ma molto più leggeri, che calzano pneumatici Pirelli Sport Demon. Per la scelta dei freni si è ricorso a pinze Brembo e pompe freno ISR.

Il motore, per non comprometterne l'affidabilità, è rimasto sostanzialmente di serie, tranne una accensione Dyna Single Fire abbinata ad un kit di revisione del carburatore con getti più grossi ed allo scarico due-in-uno.

Trasmissione finale a catena con corona da 51 denti per avere una accelerazione bruciante sono indispensabili.

Uno Sportster con un fascino incredibile, il cui unico limite può essere rappresentato dalla batteria montata nello spoiler nella parte bassa del telaio che potrebbe toccare facilmente a terra in determinate circostanze.


mercoledì 29 agosto 2018

Icon Roach


icon roach sportster evolution postatomico

icon roach sportster evolution postatomico

icon roach sportster evolution postatomico

icon roach sportster evolution postatomico

icon roach sportster evolution postatomico

Quando l'uomo avrà quasi terminato la sua opera di distruzione resterà molto poco. Ma sarà tardi.....


Scarseggeranno le materie prime e le poche città rimaste avranno perso la loro identità, depredate di tutto il possibile. Pochi insediamenti urbani intorno a quelli che erano centri popolati da abitanti ed, in diversi casi, da una miriade di turisti.
Le strade, già dissestate a causa della grave crisi finanziaria mondiale, diventeranno quasi impraticabili e molti mezzi dovranno essere parecchio rimaneggiati per adattarsi alla nuova situazione, dato che sarà praticamente impossibile comprarne di nuovi. 

I ragazzi di Icon 1000, per non farsi trovare impreparati all'imminente fine del mondo, hanno escogitato questo Sportster in grado di solcare senza problemi ogni tipo di strada, mimetizzandosi nel degradato contesto urbano. Partendo da uno dei primi esemplari con motore Evolution, un 883 del 1986 con cambio a quattro rapporti e trasmissione finale a catena, sono stati effettuati tutta una serie di accorgimenti fondamentali per adattare lo Sportster alle nuove condizioni. 

Le sovrastrutture sono state ridotte al minimo eliminando il parafango anteriore e sostituendo quello posteriore con un codino da flat-track sul quale è stata approntata una sorta di sella che definire tale è quasi una esagerazione. Anche faro anteriore è finito nel cesto della spazzatura ed al suo posto è stato montato un faro PIAA, che offre notevole profondità, su un rullo con gancio traino (….nella nuova era di non di rado molti mezzi debbono essere trainati nei modi più ingegnosi.....)

La verniciatura (…..se così si può chiamare...) ha i toni della guerriglia urbana resi ancor più evidenti da un paio di pneumatici da flat-track Maxxis DTR-1 montati su cerchi in lega da 19 pollici che lavorano in abbinamento a molle forcella ed ammortizzatori della Progressive Suspension.

Per muoversi velocemente nelle città distrutte ed evitare di essere preda di disperati occorre avere motori potenti ma estremamente longevi.

Pistoni forgiati che portano la cilindrata a 1200, filtro dell'aria aperto ed un paio di scarichi Supertrapp alti diventano fondamentali per spremere qualche cavallo in più dal vecchio Sportster senza comprometterne l'affidabilità.

Pronti per affrontare la nuova era di decadenza!

mercoledì 17 febbraio 2016

Iron Lung: il "polmone di ferro"!!!!!








Uno Sportster da corsa, costruito con uno sguardo alla cultura racing  star and stripes degli anni settanta, che potrebbe prendere parte immediatamente a gare per moto di endurance di quel periodo.

 

Sarebbe interessante sapere se il risultato finale corrisponde in pieno al progetto iniziale, perchè Iron Lung ha connotati  sportivi, che però stonano con un'impostazione decisamente racing del mezzo.
Lo stesso nome (decisamente inusuale per una motocicletta) forse vuole indicare in maniera chiara e netta che si tratta di un mezzo ispirato alle corse, ma non così estremo per quanto riguarda il motore che è praticamente di serie.
Tralasciando questi amletici dubbi, non si può non ammirare il lavoro effettuato sullo Sportster del 1991 dalla azienda di Portland.
Ci sono molti aspetti di questa moto che colpiscono. Possiamo parlare dei due serbatoi incastrati e sovrapposti come se fosse uno solo (quello anteriore contiene la benzina, quello vicino alla sella l'olio motore che lubrifica il gruppo termico attraverso due tubazioni rigide esterne) e della batteria montata posteriormente come le moto da corsa.
Ma colpisce anche la scelta, discutibile, di adottare due grossi pneumatici Avon montati su cerchi lenticolari di provenienza Harley-Davidson Fat-Boy ( si era pensato anche a cerchi GSX-R e Vrod ma erano troppo moderni),  la verniciatura oro e bianco con grafiche anni settanta ed il lavoro effettuato sulla parte posteriore del telaio, per caricare la seduta del guidatore più indietro. Sulla ciclistica si è lavorato in modo da abbassare la moto il più possibile sia anteriormente che posteriormente, utilizzando  una forcella Wide Glide su piastre in alluminio billet ricavate dal pieno e due ammortizzatori Progressive Suspension.
Come detto, il motore non ha subito praticamente modifiche, se si eccettua un kit di pistoni Wiseco in grado di portare la cilindrata dagli originari 883 a 1200 e due scarichi Supertrapp che escono alti sul lato destro, sullo stile delle moto da flat-track.
Poco dopo essere stata costruita ha avuto un test sul circuito di Southern Oregon e, viste alcune scelte a livello ciclistico, non sorprende che si sia rivelata non proprio facile da guidare.

UP: alcune lavorazioni come i due serbatoi incastrati e sovrapposti nella parte anteriore, la batteria a vista sul codone, il lavoro sulla parte posteriore del telaio e le grafiche racing anni settanta.
DOWN: l'adozione di grossi pneumatici Avon su cerchi Fat-Boy, gli scarichi Supertrapp che escono posteriormente dalla sagoma della moto. Su una moto del genere si sarebbe dovuti elaborare maggiormente il motore. 





sabato 6 febbraio 2016

Black Monk: alle origini del custom








Bassa. Nera. Senza fronzoli. Semplice. Linee morbide, ma stilose. E' Black Monk: uno Sportster in grado di portarti nei meandri più profondi della customizzazione, così come i monaci ti fanno addentrare nei lati più oscuri della tua anima, dopo averti fatto visitare lati misteriosi dei luoghi in cui vivono.  

Non me lo sarei mai aspettato che una moto si sarebbe insinuata nella mia anima, sconvolgendola da cima a fondo. Mi era capitato nei primi anni novanta con la “Suora”, una Harley-Davidson Fat-Boy 1340 tutta nera, con un enorme copertura sul fato anteriore (che le davano proprio questa connotazione) e la “Eve of Distruction”: una Triumph postatomica costruita sulla base di un Daytona 1000 a quattro cilindri. Entrambe ideate e preparate da quel genio che era Carlo Talamo. Quelle moto mi fecero star male. La mia anima vibrava e si torceva alla vista di quei mezzi, facendomi elaborare concetti di customizzazione ben lontani dagli standard tradizionali.
Pensavo, quindi, che non sarebbe successo mai più.
Poi sono arrivati i ragazzi danesi Wrenchmonkees, che hanno proposto una loro interpretazione del modo di fare custom, destinato a far tendenza. Sono state costruite diverse moto tra cui questo Sportster. E la storia è ricominciata....
Black Monk  entra nel più profondo del tuo essere. Semplice, ma nello stesso tempo complicata, per la ricerca dell'indiscusso effetto suggestivo, non risponde a canoni precisi. Un mix sapientemente amalgamato di tendenze brat style, bobber e delirio postatomico, esaltato da un motore elaborato.
Si parte, infatti, da uno Sportster 883 pre-2004 (quella con il vecchio telaio, per intenderci), portato a 1200 tramite pistoni maggiorati e valvole di diametro maggiore. Il carburatore resta di serie, ma viene montato un filtro dell'aria proveniente dal catalogo della americana Joker Machine ed uno scarico due-in-uno Supertrapp.
Il telaio subisce modifiche solo nella parte posteriore, attraverso il prolungamento di quello originale (cui nel frattempo sono stati tolti gli originali supporti del parafango), sul quale viene montata una sella appositamente creata. Il serbatoio del carburante ha una forma allungata e differente dall'originale,  viene anch'esso costruito in casa.
Si cerca di abbassare la moto il più possibile operando sulla forcella e montando degli ammortizzatori più corti della Progressive Supension. Il tutto abbinato a cerchi da 18 pollici all'anteriore (in luogo degli originali 19) e 16 al posteriore, sui quali vengono montati pneumatici Firestone. A corredo di tutto elementi quali, ad esempio, le pedane Tarozzi, abbinate ad un kit di arretramento delle stesse Storz Performance.
Il monaco nero ha fatto vedere aspetti tenebrosi ma che esistono. Senza scoprire niente di nuovo.

UP: la linea della moto unita alla disarmante semplicità ed al nero opaco.
DOWN: avremmo voluto che ogni particolare fosse diventato nero opaco, unitamente a pneumatici tassellati.

venerdì 5 febbraio 2016

"Road Less Traveled"







Vanno di moda le scrambler ? Le case motociclistiche più importanti producono modelli a tema ?  Gli americani di Burly Brand rispondono con un “kit scrambler” pronto Sportster.

Quando Dave Zemla ha deciso di costruire questo Sporty aveva in mente qualcosa di diverso da quanto aveva visto fino ad ora su queste moto, voleva una scrambler vera e propria senza, per questo, ricorrere all'acquisto di parti in commercio. Si trattava di una nuova sfida. Il lavoro si è sviluppato su uno Sportster 883 del 2006 che aveva in casa, costruendo moltissime parti. L'obiettivo finale era, quindi, di avere uno scrambler in piena regola. Per fare questo è stato alzato il posteriore di quattro pollici ed abbassato l'anteriore di due, in modo da avere una moto ben livellata. La parte anteriore ha visto il montaggio di un parafango corto, costruito appositamente, dei soffietti sulle forcelle, un manubrio specifico, ed una griglia per coprire il faro.  Il grosso del lavoro è stato fatto sulla parte centrale e posteriore del telaio. A parte il montaggio di una piastra para motore sotto il telaio, è stato costruito un telaietto posteriore (dotato di portapacchi) supplementare in modo da  eliminare i supporti originali del parafango e poter montare un parafango posteriore in stile con lo spirito della moto. A corredo di tutto, degli ammortizzatori posteriori della Progressive Suspension, uno scarico due in uno di RSD, un diverso filtro dell'aria “home made”, così come pedane e sella. Per finire, una verniciatura bianca che risaltasse le forme della moto.

UP: il telaietto posteriore e lo stile della moto che ricalca quello di una vera scrambler.
DOWN: lo scarico RSD che non si addice al mezzo.