Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

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mercoledì 11 maggio 2022

Pantah Buell M2 Cyclone






Ispirata alla Ducati Pantah 600 TT2, questa Buell Cyclone rappresenta l'ennesima dimostrazione della versatilità del motore Sportster, mandato in pensione troppo presto.

La moto sia stata costruita quasi da "zero" e rappresenta uno degli esempi di massima ingegneria. Inizialmente si voleva utilizzare il telaio originale della Ducati Pantah ma non è stato possibile poichè si presentava in pessime condizioni. L'alternativa era quindi utilizzare quello originale oppure costruirne uno nuovo. Alla fine si è deciso di costruire un telaio partendo da zero in modo da seguire le geometrie Buell (anche se l'interasse è stato maggiorato di 25mm rispetto) e cercando di avere nel contempo l'estetica della Ducati Pantah (utilizzando tubi da un pollice di diametro).

Si è ritenuto necessario utilizzare la forcella (interamente revisionata) M2 Cyclone su ruote Ducati Pantah (da 18 pollici) e freni Brembo prelevati da una Ducati 916, da cui proviene anche l'ammortizzatore di sterzo, mentre quelli posteriori sono della YSS.

Praticamente tutta la moto è stata realizzata attraverso componenti appositamente costruiti (poche concessioni all'after-market come le pedane arretrate Tarozzi), sui quali spiccano il serbatoio del carburante in alluminio e quello dell'olio nascosto sotto la sella. Il motore è rimasto interamente originale, salvo un filtro dell'aria aperto ed un bellissimo scarico sdoppiato che passa sotto il telaio.

Il colore è della Shelby Daytona.

giovedì 11 luglio 2019

La Haduc

la haduc sportster cafe racer sixty style

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Chi l’ha costruito ha attinto a piene mani agli Dei del motociclismo: telaio Ducati 850 GT abbinato a motore Sportster Evolution 1200, forcellone e cerchi Laverda SF750 del 1972. La lista delle parti è lunga: forcella Ceriani, comandi Tarozzi, serbatoio del carburante Ducati 500 SD, ammortizzatori posteriori Koni. 


Sembra il puzzle di uno squinternato, ma in realtà si tratta di una moto ben riuscita, anche se non convince affatto la scelta di montare i piccoli cerchi della Laverda SF750 che stonano molto con la moto e non ci sembrano adatti ad una moto che, per quanto replica delle vecchie cafe racer, è comunque attuale, anche se totalmente stravolta.  Ci sono però alcune delizie come il serbatoio dell'olio perfettamente incastonato nel telaio, i freni a tamburo e le piastre di irrobustimento del telaio nella zona centrale di attacco del motore. 


“La Haduc” è una di quelle realizzazioni che può essere tranquillamente confusa con qualche vecchio esemplare degli anni sessanta. Peccato solo per il disordine dei vari cavi a vista. Ma una cafe racer fatta in casa secondo l'antica tradizione non può essere perfetta......


sabato 6 febbraio 2016

Black Monk: alle origini del custom








Bassa. Nera. Senza fronzoli. Semplice. Linee morbide, ma stilose. E' Black Monk: uno Sportster in grado di portarti nei meandri più profondi della customizzazione, così come i monaci ti fanno addentrare nei lati più oscuri della tua anima, dopo averti fatto visitare lati misteriosi dei luoghi in cui vivono.  

Non me lo sarei mai aspettato che una moto si sarebbe insinuata nella mia anima, sconvolgendola da cima a fondo. Mi era capitato nei primi anni novanta con la “Suora”, una Harley-Davidson Fat-Boy 1340 tutta nera, con un enorme copertura sul fato anteriore (che le davano proprio questa connotazione) e la “Eve of Distruction”: una Triumph postatomica costruita sulla base di un Daytona 1000 a quattro cilindri. Entrambe ideate e preparate da quel genio che era Carlo Talamo. Quelle moto mi fecero star male. La mia anima vibrava e si torceva alla vista di quei mezzi, facendomi elaborare concetti di customizzazione ben lontani dagli standard tradizionali.
Pensavo, quindi, che non sarebbe successo mai più.
Poi sono arrivati i ragazzi danesi Wrenchmonkees, che hanno proposto una loro interpretazione del modo di fare custom, destinato a far tendenza. Sono state costruite diverse moto tra cui questo Sportster. E la storia è ricominciata....
Black Monk  entra nel più profondo del tuo essere. Semplice, ma nello stesso tempo complicata, per la ricerca dell'indiscusso effetto suggestivo, non risponde a canoni precisi. Un mix sapientemente amalgamato di tendenze brat style, bobber e delirio postatomico, esaltato da un motore elaborato.
Si parte, infatti, da uno Sportster 883 pre-2004 (quella con il vecchio telaio, per intenderci), portato a 1200 tramite pistoni maggiorati e valvole di diametro maggiore. Il carburatore resta di serie, ma viene montato un filtro dell'aria proveniente dal catalogo della americana Joker Machine ed uno scarico due-in-uno Supertrapp.
Il telaio subisce modifiche solo nella parte posteriore, attraverso il prolungamento di quello originale (cui nel frattempo sono stati tolti gli originali supporti del parafango), sul quale viene montata una sella appositamente creata. Il serbatoio del carburante ha una forma allungata e differente dall'originale,  viene anch'esso costruito in casa.
Si cerca di abbassare la moto il più possibile operando sulla forcella e montando degli ammortizzatori più corti della Progressive Supension. Il tutto abbinato a cerchi da 18 pollici all'anteriore (in luogo degli originali 19) e 16 al posteriore, sui quali vengono montati pneumatici Firestone. A corredo di tutto elementi quali, ad esempio, le pedane Tarozzi, abbinate ad un kit di arretramento delle stesse Storz Performance.
Il monaco nero ha fatto vedere aspetti tenebrosi ma che esistono. Senza scoprire niente di nuovo.

UP: la linea della moto unita alla disarmante semplicità ed al nero opaco.
DOWN: avremmo voluto che ogni particolare fosse diventato nero opaco, unitamente a pneumatici tassellati.