Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

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lunedì 8 novembre 2021

Il Carrarmato - Fate l'amore non fate la guerra!!!!







Il prossimo anno sono venti anni esatti dalla scomparsa del compianto Carlo Talamo. Molti di più se pensiamo all’inizio della sua avventura con Harley-Davidson nel lontano 1984. Negli anni Carlo accumulò una quantità infinita di moto ed auto, creando bellissime  “special” apparse su molte riviste. Di questo patrimonio storico si è persa praticamente traccia: pochi infatti sono i mezzi di cui si conosce la destinazione attuale. 

E quando capita di imbattersi in qualche sua creatura, oltretutto se tenuta in perfetta forma, c’è quasi da svenire per l’emozione. Il “Carrarmato” apparve sulle pagine di Freeway Magazine nel 1994 e su qualche pubblicità di Carlo Talamo. Una moto dall’indubbio fascino e destinata a far discutere all’epoca. 

Il concetto di “dark custom” tanto caro ad Harley-Davidson negli ultimi anni, rappresentava quasi un’eresia all’inizio dell’epoca Evolution, parliamo degli anni ottanta, così come lo stile “military” che avrebbe trovato larghi consensi nel panorama custom qualche tempo dopo. Il proprietario della moto, Gabriele Bersani, mi ha raccontato un aspetto che non conoscevo: Carlo ebbe l’idea di costruire il “Carrarmato” dopo che la moto uscì molto rovinata in seguito ad incidente stradale. 

La moto di partenza non è uno Springer, come si potrebbe pensare, ma un Fat-Boy sul quale è stato montato un parafango posteriore lungo. Il nero opaco ha abbracciato gran parte del motore ed altre parti, mentre il verde militare riguarda solo serbatoio del carburante e parafango posteriore (quello anteriore è volato via……). Il motore è di serie salvo albero a cammes, carburatore e centralina Screamin’Eagle, abbinati ad una coppia di scarichi “a pinna” che sparano verso l’alto. Uno dei tanti dettagli che piacciono è il faro alogeno anteriore con feritoia, sembra montato apposta per il Pallequadre (il raduno ideato dallo stesso Carlo Talamo dove si partiva di notte l’ultimo fine settimana di novembre senza sapere dove si andava). 

Attualmente la moto è stata migliorata con un nuovo impianto frenante e, purtroppo, il faro alogeno è stato tolto. Ma quanto è bella…….

lunedì 23 marzo 2020

Ottime prospettive per Buell. Poi, invece......










La Bike Week di Daytona del 1998 mi fece illudere che con il marchio del “pegaso” avrei finalmente trovato la quadratura del cerchio.


Le prime Buell iniziarono a vedersi in Italia nel 1997 quando Carlo Talamo ne avviò ufficialmente l'importazione. Fino ad allora solo pochissimi avevano conosciuto questo marchio, grazie a qualche esemplare di importazione. Parliamo di persone che si potevano contare sulle dita di una mano. Da poco erano state importate le Triumph attraverso la Numero Tre e Carlo Talamo stava costruendo la fortuna del marchio inglese in Italia, ma erano gli inizi. Il mercato, a parte la Triumph Speed Triple, aveva proposto solo una “nuda” che avrebbe rappresentato il punto di riferimento in  quel segmento per molti anni a venire: la Ducati Monster (!!!!). La produzione sostanzialmente si divideva tra sportive, enduro, custom (seguendo il fenomeno Harley-Davidson tutte le case giapponesi ne proposero almeno un modello) e turistiche. Il concetto delle cafe racer si stava sviluppando, mentre quello delle “naked” era ancora allo stato embrionale. 

Sulla sorta di queste premesse le prime Buell arrivate in Italia suscitarono molto interesse, anche perchè Carlo Talamo aveva fatto vedere che gli Sportster non erano solo moto da passeggio ma ci si poteva divertire in pista, organizzando il Trofeo Short-Track e mettendo appunto dei kit dedicati.

Detto in parole povere: le Buell S1 ed M2 Cyclone erano le moto che “servivano” al mercato in quel momento

Da una parte c'era chi si iniziava a stancare del predominio Ducati (Monster) che andava avanti ininterrottamente dal 1992, rappresentando praticamente l'unica scelta. La Honda aveva iniziato la produzione della Hornet 600, ma non era una moto che “colpiva”. 

Buell invece suscitava emozioni forti sia per la storia del marchio, legata ad una dimensione artigianale di pura passione, sia per le prestazioni che promettevano, non tanto in termini di cavalli quanto invece, a divertimento puro. Per la prima volta era arrivata una moto destinata a sovvertire i canoni della sportività: grande coppia e maneggevolezza incredibile grazie a quote ciclistiche di una  “duemmezzo” sportiva. 

Carlo Talamo credeva molto in Buell ed eravamo in molti a vederla in quel modo, anche se non sapevamo cosa aspettarci per il futuro. Non appena arrivati in Italia i primi esemplari nel 1997 comprai la M2 Cyclone che per me rappresentava la quadratura del cerchio. Avrei potuto continuare a frequentare il mondo Harley (….a me per la verità interessava solo quello legato alla Numero Uno....) facendo i vari “Pallequadre” (ora Hog Inverno) ma, nel contempo, sarei potuto uscire con qualche amico con moto sportiva, magari facendo pure una scappata in pista.

Seppur Buell era stata ben accolta dalla stampa e da molte persone che gravitavano attorno a Carlo Talamo (vedasi gente tipo Marco Lucchinelli), da altri chi comprava quelle motociclette era considerato come un “mentecatto”. Ricordo un episodio che mi accadde quando nell'Aprile del 1997 andai a Misano per vedere il Mondiale Superbike. 
Mi stavo aggirando nei paddock quando trovo il box Honda e chiedo del grande Aaron Slight con l'intento di farmi una foto con lui. Indosso un gilet con il logo Buell. Gli uomini Honda mi squadrano e cominciano a ridermi in faccia dicendo mi che le Buell non valgono nulla e la moto si sarebbe rotta subito. In una frazione di secondo esplodo e li mando a quel paese quasi finendo in rissa.....

Quando arrivai a Daytona circa un anno dopo da quell'episodio, capii che dietro a Buell c'era più di quanto pensassi. Era stato organizzato un trofeo e messo a punto un kit per esso. C'erano delle persone all'interno di Harley-Davidson che si dedicavano solo ed unicamente a Buell. Iniziai a chiedere a tutti: volevo sapere di tutto e di più. Conobbi anche una ragazza dello staff Buell. La tipica americana non bellissima ma di una simpatia estrema che regalò a me ed ai miei amici la maglietta che qui vedete, con la preghiera di indossarla unicamente non appena tornati in Italia. Ovviamente dopo qualche tempo mi sdebitai mandandole, tramite l'amico Farinelli che andava ad una “convention” Harley-Davidson negli States, un pensiero. So che ne fu molto contenta. Purtroppo persi i suoi contatti. Si chiamava Jackie.
Tornato in Italia ero convinto che Buell avrebbe spiccato letteralmente il volo, ma dopo un paio di anni capii che forse non sarebbe stato così. Quando Carlo Talamo morì, nel 2002, ne ebbi la certezza. A parte alcuni appassionati e qualcuno del suo staff, era stato stato forse l'unico a credere realmente nelle potenzialità di quelle moto. Il resto è mera cronaca dei giorni nostri.


lunedì 4 luglio 2016

Semplicemente Carlo!

carlo talamo ed ascanio gardini luglio 2002

carlo talamo pubblicità sportster

carlo talamo pubblicità electra glide

carlo talamo dorme a terra pallequadre 1992

ciao carlo pagina commemorazione

Recentemente sulla rivista  “Special Cafe” è apparso un bellissimo articolo su Carlo Talamo firmato da Paolo Sormani. Racconto la mia testimonianza in attesa che altri facciano lo stesso e Talamo possa avere il tributo che merita.

 

La domanda potrebbe sorgere spontanea: perchè scrivere di Carlo Talamo su un blog dedicato allo Sportster ????? Semplicemente perchè senza di lui non esisterebbe la Harley-Davidson in Italia e, di conseguenza, lo Sportster.

Conobbi personalmente Carlo nel lontano 1992, mi sembra fosse ottobre o novembre. Poco prima, insomma, del  “famoso” Pallequadre: il raduno in cui si partiva con le Harley-Davidson l'ultimo fine settimana di novembre, in piena notte, senza conoscere la destinazione. Una vera e propria zingarata.

Quando gli parlai, la prima volta, ero alla Numero Uno di Roma (la allora concessionaria Harley-Davidson) e tra noi nacque una forte simpatia. Simpatia che, da parte mia, si trasformò quasi subito in una vera e propria venerazione, perchè fu proprio grazie a Carlo che salii sul mio primo Sportster. Anzi, per essere sinceri, fu grazie alle pubblicità-poesie di Carlo che ciò avvenne. Io, che amavo solo le moto sportive, nel giro breve tempo fui letteralmente rapito dalle moto americane, sebbene a ventidue anni (tanti ne avevo quando mio padre mi comprò lo Sportster) avessi visto Easy Rider almeno una decina di volte e ritenessi le Harley qualcosa di avulso dalla mia vita.

Carlo non solo sapeva comunicare e coinvolgere come pochi, ma era portatore di un modo di vivere estremamente spontaneo. Quella spontaneità che vedevo mancare in giro e che, forse,  anche lui apprezzò in me.

Nel giro di breve tempo mi trovai a studiare non solo la sua comunicazione, ma anche il suo modo di fare marketing,  le sue “special” e le sue concessionarie, trovandomi letteralmente rapito da questo buffo tipo.
A livello personale ho in mente una marea di ricordi, anche se si trattava spesso di brevi incontri ma per me molto ricchi a livello personale.

Carlo andava sempre di fretta e quando lo vedevo cercavo di immagazzinare ogni singolo secondo passato con lui, come se fosse un'intera vita.

E quando nel 2002 venne a mancare ebbi la sensazione, per diverso tempo, di sentirmi perduto.
Talamo aveva creato un movimento, un nuovo modo di concepire la moto,  di conoscere altri che condividevano la stessa passione, di rapportarsi con gli altri.
Tra noi c'era un legame schietto e mi diceva sempre quello che pensava, come quando mi rimproverò a seguito di alcune lettere di elogio scritte a riviste del settore. Aveva paura che la gente pensasse non fossero spontanee, ma pagate da lui.

Ricordo pure che quando la Triumph inizio a commercializzare la TT 600 gli scrissi in quanto avevo intenzione di comprarla, ma lui mi disse senza mezzi termini che non era la moto per me e mi ci sarei potuto far male.
Apprezzavo molto questa sua spontaneità  anche se non era sempre possibile interagire con lui.
Quando capivo che vi era questa situazione mi mettevo da parte limitandomi a salutarlo.

A Carlo, semplicemente, volevo bene e non perdevo occasione per dimostrarlo.

A distanza di molti anni dalla sua scomparsa ne sento ancora la mancanza. Sento la mancanza non solo di una persona alla quale ero molto affezionato, ma anche di un genio che puoi avere la fortuna di incontrare poche volte nella vita.
Un genio di nome Carlo Talamo!

venerdì 5 febbraio 2016

Andata e......ritorno!!!!


L'ultimo fine settimana di novembre si è svolto l' HOG INVERNO: uno dei raduni più famosi che coinvolge il popolo degli  “hogger” italiani. Si parte il venerdì sera dalle diverse città, viaggiando con il buio, per poi ritrovarsi il sabato sera tutti insieme a far baldoria in una località prestabilita.

Un raduno che nel tempo ha coinvolto sempre più harleysti,  che nel tempo ha permesso di mettere a punto una macchina organizzativa a dir poco perfetta. Alle origini, però, c'era il famoso “Pallequadre” http://www.1957legend.it/search?q=pallequadre. Roba per pochi duri. Si parla degli anni novanta. Per intenderci, il periodo della Numero Uno e del suo inventore: Carlo Talamo. Il gioco era assai più divertente ma meno complesso. Si partiva il venerdì sera in pieno inverno, per ritrovarsi in piena notte in qualche località sconosciuta. Solo chi tirava il gruppo sapeva la destinazione.  Non c'erano telefonini, per cui se ci si perdeva o si tornava indietro o ci si arrangiava alla meno peggio, cercando di capire quale sarebbe stata la meta finale. Inizialmente si facevano solo due gruppi: Roma e Milano. Il sabato, ovviamente, ci si trovava tutti insieme a far casino, dopo aver macinato qualche chilometro in compagnia. L'andatura era elevata. Poi il crescente numero di richieste di partecipazione hanno obbligato a modificare la formula. Molti di quelli che hanno partecipato ai vari Pallequadre  hanno storto il naso. Ma si è trattato di un adeguamento necessario, in quanto non era più pensabile gestire un numero così alto di persone, attraverso la formula inventata da Carlo Talamo. Però il Pallequadre potrebbe non essere seppellito definitivamente. Se fosse organizzato nuovamente con una formula simile a quella delle prove speciali nelle gare di enduro, solo per gli Sportster ?  Specifico meglio. Prima tappa il venerdì sera in notturna con percorsi difficili, senza troppi chilometri da fare, magari tra fango, sterrati e brevi tratti da fare a torso nudo. Il sabato, poi, una gara di regolarità organizzata dai singoli chapter in modo da confluire tutti quanti in una location prestabilita dove ritrovarsi la sera. 


mercoledì 10 novembre 2010

Pallequadre 1992


....e come fare a dimenticare quei giorni....avevo comprato da poco la mia 883 e mi accingevo a partecipare (...senza saperlo...) al più bel raduno Harley Davidson. Data la mia insesperienza andai vestito come uno scolaretto.....tre giorni di freddo siderale a correre per la Toscana prima appresso a Fabrizio Farinelli eppoi Carlo Talamo.....