Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

martedì 20 giugno 2017

Slim Jim: uno Sportster scrambler per l'estate!!!

slim jim sportster scrambler m y 2003 side right

slim jim sportster scrambler m y 2003 side left

slim jim sportster scrambler m y 2003 engine and gas tank

slim jim sportster scrambler m y 2003 rear

 

E' arrivata l'estate: voglia di scrambler ??? Bene. La si compra oppure, in alternativa, si modifica la propria moto.

 

La soluzione proposta dai ragazzi di Clock Work Motorcycles è alquanto semplice e poco dispendiosa
Si parte da uno Sportster costruito fino al 2003 (preferito rispetto ai modelli con il nuovo telaio per il minor peso), sostituendo i parafanghi originali, con altri diversamente sagomati, oltre che più leggeri. Contestualmente si lavora anche sulla parte posteriore del telaio (ma si può anche evitare di farlo) e sulla sella. Ovviamente, per avere una scrambler che si rispetti, occorrono dei pneumatici tassellati, uno scarico apposito ed un manubrio alto. Sullo Slim Jim vengono montati dei pneumatici Dunlop K70, un manubrio come quello della Ducati Scrambler degli anni settanta ed un bellissimo scarico due-in-due con finale a trombone, costruito direttamente in casa.

Completano l'opera altri particolari come un diverso serbatoio del carburante, un kit di conversione a catena, manopole Biltwell,  un filtro dell'aria BCM ed un mini faro posteriore. Tutta la moto viene dipinta in verde inglese metallizzato.

Quella appena proposta è la soluzione ideale per avere con pochissima spesa un'ottima  Scrambler (se si eccettua il lavoro per modificare il telaio posteriormente). Si può utilizzare come base di partenza anche un modello più recente,  consapevoli del fatto che la linea è meno filante ed il peso maggiore

L'importante è ricordarsi alcuni principi fondamentali: questo tipo di moto, di base, è estremamente semplice, per cui meno orpelli e diavolerie varie ci sono, e più si avvicina all'idea di fondo o, se vogliamo dirla tutta, alla capostipite che è la prima Ducati Scrambler. Non è necessario lavorare sul telaio, ma è sufficiente trovare parafango e sella ad hoc. 

Se il modello di Sportster che si utilizza è molto basso, si possono montare degli ammortizzatori di lunghezza maggiore. Vanno bene i cerchi originali, anche se ne caso della Superlow non sono proprio il massimo per una Scrambler. Gli scarichi possono essere anche quelli originali, anche se un bel due-in-uno sarebbe il massimo. L'avantreno è meglio non toccarlo per non alterare l'aspetto estetico della moto. Lo Sportster, con il faro inserito in mezzo alla forcella di piccolo diametro (39mm), è l'ideale. Al massimo si può intervenire internamente alla stessa.  

La Slim Jim, quindi, rappresenta l'ideale Scrambler su base Sportster, stante l'estrema semplicità costruttiva ed i pochissimi interventi ben concepiti.


UP: sella
DOWN: lavorazione telaio nella parte posteriore


 


venerdì 16 giugno 2017

Buell......moto incredibili!!!!!


buell old logo

buell m2 cyclone my 1997 black

ascanio gardini with his buell m2 cyclone black in 1999

ascanio gardini on buell s1 racing owner toto giudice in 1999
ascanio gardini on buell xb in 2005

E' notizia di questi giorni della messa in liquidazione della EBR, la azienda che gestiva il marchio Buell. Torno ancora sull'argomento raccontando la mia esperienza con queste mitiche motociclette!!!!


Esattamente venti anni addietro, ovvero nel 1997, comprai la mia prima (ed unica) Buell: era una M2 Cyclone. Una delle prime arrivate alla Numero Uno di Roma (la concessionaria ufficiale Harley-Davidson in quegli anni).

Fin da quando seppi dell'esistenza di queste moto, e ne vidi i primi esemplari, ne rimasi folgorato: erano degli Sportster “pompati” con una ciclistica  unica. Tutto ruotava attorno a quel motore. La moto era così spartana da far passare quasi in secondo piano il bellissimo telaio a traliccio in tubi.  Carlo Talamo ne aveva una gialla con lo scarico Supertrapp, e girava voce che ci corresse come un matto. Quando la ritirai mi entusiasmai immediatamente ed iniziai a farci chilometri su chilometri. Usarla era una vera goduria e mi fece riscoprire il piacere di smanettare con le motociclette. Aveva una maneggevolezza che faceva impressione e ti invitava sempre a strafare.

Ovviamente iniziai ad  uscire anche con  motociclisti dall'indole sportiva e la mia M2 destava curiosità, perchè molti non riuscivano a concepire una Harley-Davidson che "camminava".

Per me la Buell rappresentava il perfetto anello di congiunzione tra il mondo Harley, consacrato nelle concessionarie Numero Uno, che tanto amavo, ed il motociclismo “normale”, che pure amavo molto, dato che ero e sono appassionato di sport motoristici. 

Iniziai a cercare anche merchandising Buell e ricordo un episodio che, a raccontarlo ora, può far ridere, ma a me fece arrabbiare non poco.

Stavo a Misano per la gara del Mondiale Superbike e mi trovavo a passeggiare dentro la paddock. Ad un certo momento mi fermo davanti al paddock ufficiale della Honda ed inizio a parlare con alcuni del team i quali, dopo aver visto la mia maglietta con il logo Buell, iniziano a prendermi in giro dicendomi che le moto non valgono niente, che si rompono tutte e che mi sarei dovuto comprare una Honda. La mia replica fu alquanto secca e decisa.
Dissi loro che il lavoro di Carlo Talamo dava fastidio e per questo mi rompevano le scatole, che le Buell erano delle ottime motociclette e le Honda se le potevano comprare loro e non valevano niente, che Kocinski era un demente e sarebbe stato battuto dal Re di Inghilterra (Fogarty), che il loro campione era Aaron Slight e non si meritavano un uomo del genere. 

Questo fu da subito il mio legame con la Buell. Di lì a poco scrissi anche ad Erik Buell, il quale mi mandò due poster autografati di una S3 e di una S1 Racing (in quel periodo si svolgeva negli States il relativo trofeo). Negli anni a seguire Carlo Talamo si diede da fare parecchio per sviluppare il marchio Buell. Senza rendermene conto mi ritrovai a partecipare ad una serie di eventi, alcuni legati al mondo Harley-Davidson, altri abbinati alle Triumph (su cui Carlo spingeva i possessori Buell). Feci così due HOG Inverno di cui uno sotto il diluvio universale preso da Prato fino a Rimini ed un altro sotto la neve da San Benedetto del Tronto a Rimini e ritorno fino a Roma (sempre sotto la neve), con relative cadute sulla Salaria. Ma ciò che mi dava più godimento era portare la mia M2 Cyclone in pista. Le occasioni capitavano quando prendevo parte ai raduni Triumph in pista (Carlo Talamo faceva partecipare anche le Buell). Il primo si svolse sul circuito di Vairano di Vidigulfo, la pista di Quattroruote, nel 1998 e fu divertentissimo, anche perchè partimmo da Roma in moto e giungemmo a destinazione la sera, percorrendo tutta la Cassia piena di curve. Il giorno dopo feci una miriade di turni in pista e, quando la domenica tornammo, percorsi tutta l'autostrada, da Milano a Roma, quasi a tavoletta. Avevo montato terminale Supertrapp e filtro dell'aria aperto. Ovviamente arrivai a Roma distrutto. Quando raccontai del ritorno, molti si chiesero come avevo fatto a non rompere il motore della mia M2.

A distanza di anni, ancora oggi in molti mi pongono la domanda, ma per me la risposta è semplice, così come lo era allora: la M2 era un gran moto ed il motore dello Sportster, seppur elaborato e portato a 90 cavalli, praticamente indistruttibile.

Due episodi divertenti legati alla Buell in quei due anni durante i quali la ebbi (1997-1999): il primo nel 1998 quando andai con degli amici alla Bike Week di Daytona. Durante un evento Buell conobbi una responsabile del marchio. Non ricordo se si chiamava Jackie o Jackline, sta di fatto che regalò al sottoscritto ed ai miei amici delle magliette Buell dello staff che partecipava all'evento, con la preghiera di indossarla solo quando saremmo tornati in Italia. Ci scambiammo i recapiti e qualche tempo dopo mi sdebitai inviandole una maglietta della Numero Uno di Roma, tramite l'amico Fabrizio Farinelli che doveva andare negli Stati Uniti per partecipare ad una riunione.
Seppi che Jackie arrossì non poco quando le fu consegnato il pacco, unitamente ad un biglietto di ringraziamento che le avevo scritto.

L'altro episodio (su cui ancora rido) riguarda Carlo Talamo, che mi fu raccontato direttamente da lui in un pomeriggio quando transitò alla Numero Uno di Roma e riguarda il modo in cui divenne importatore Buell. Si trovava in Inghilterra per la presentazione della S1 e si mette a scherzare con un dealer, appoggiato ad una S1 gialla, dicendogli che se la voleva comprare per poi importarle in Italia. Il tizio gli risponde che se avesse avuto il coraggio di tornare a Milano vestito come era (giacca estiva Harley-Davidson in tessuto nera con la banda arancione e maglietta) la moto sarebbe stata sua. Carlo ovviamente non se lo fa ripetere due volte e parte di corsa in direzione Milano. Il problema è che faceva un freddo cane, ma lui arriva a destinazione così....

Pare che Carlo Talamo avesse un feeling particolare con la S1. L'amico Fabrizio Farinelli mi racconta ancora che sulla strada che da Grosseto porta a Scansano (Toscana) era impossibile stargli appresso se guidava la S1. E me lo dice una persona che non ci andava cauto con la manopola del gas.....

La vita porta spesso a commettere degli errori ed uno dei miei errori più grandi, con riferimento alle moto, fu quello di vendere la Buell nel 1999, ovvero dopo due anni, per comprare una Triumph Speed Triple 955. Non che la Speed Triple fosse una pessima moto....anzi.....ma con la Buell avevo un rapporto particolare. Solo che in quel periodo decisi di sostenere e seguire Carlo Talamo, unitamente all'amico Fabrizio Farinelli, nell'avventura con la Triumph, che stava dando nuove prospettive in termini “sociali”. Talamo stava puntando molto sul marchio inglese, io ero molto legato a Carlo e mi sembrava, oltretutto, che qualcosa non andasse con Buell. Nulla di concreto, solo sensazioni.
Dopo molti anni resto dell'idea che non sia stata una bella mossa vendere la Buell, anche se poi comprando altre moto ho compreso che la mia moto per eccellenza è lo Sportster.

A livello tecnico, contrariamente a quello che sentivo dire da qualcuno, non ho mai avuto problemi, salvo la rottura dei gommini che tenevano agganciato il forcellone al telaio. Situazione prontamente risolta sebbene la garanzia fosse scaduta da poco.
Qualche anno dopo uscirono le XB che provai pure in pista. Erano bellissime da guidare, intriganti ed avevano soluzioni tecniche azzardate, come telaio e forcellone che fungevano da serbatoi per il caburante e l'olio motore, ma avevano perso qualcosa del carattere rude delle prime Buell.

Inoltre si vociferava che su molti esemplari il cilindro posteriore surriscaldasse troppo e la cinghia dentata di trasmissione non fosse sufficientemente robusta.  A me non convinse il freno anteriore perimetrale che aveva un effetto autoaddrizzante immediato non appena lo si toccava. Ma a parte questo piccolo difetto anche le XB mi piacquero molto. Pensai di comprarne una, ma avevo la 883R a carburatore e decisi di non farlo, anche perchè si percepiva una crisi, almeno in Italia.
Poi vennero presentati i nuovi modelli con il motore Rotax raffreddato a liquido, ma non avevano nulla delle prime Buell che mi avevano affascinato moltissimo.

Tirando le somme, dal mio modesto punto di vista, posso dire che Erik Buell è stato un genio che ha prodotto moto geniali e con un livello di fascino pari a poche altre moto. Analizzare le cause del fallimento secondo me non è possibile farlo in maniera completa. Posso solo limitarmi a constatare che apparvero in Italia in un contesto storico abbastanza particolare, che richiedeva proprio quel tipo di moto.


martedì 13 giugno 2017

Jay Springsteen XR 1200

jay springsteen xr 1200 side right

jay springsteen xr 1200 side left

jay springsteen xr 1200 js picture on gas tank

jay springsteen xr 1200 exhaust and seat

jay springsteen xr 1200 rear suspension and wheel

 

Quale miglior tributo per il mitico campione di flat-track, di una XR 1200 con tanto di immagini aerografate ???

 

Jay Springsteen ha lasciato un segno indelebile nelle corse motociclistiche a stelle e strisce, travalicando i confini del flat-track. Altrettanto indelebile è stato il suo legame con Milwakee e con la mitica XR 750.
La sua carriera è stata a dir poco formidabile:  “Rookie of the year” nel 1975, vince il Grand National Championship nel  1976, 1977 e 1978, accumulando complessivamente quarantatre vittorie.
La XR 1200 è un tripudio a questo grande campione, anche se è elaborata per correre sulle piste asfaltate e non sterrate.

Lo schema è più o meno lo stesso di altre XR elaborate: un leggero intervento sul motore attraverso scarico Termignoni due-in-due come quello che montavano le moto del trofeo che si disputava in Italia, centralina Power Commander e filtro dell'aria High Performance. Altrettanto leggero è l'intervento sulla ciclistica con una forcella Ohlins da 43mm a steli rovesciati all'anteriore che lavora su una coppia di dischi  a margherita della Double Galfer, con pinze Braking ad attacco radiale.
Posteriormente il principio è lo stesso: coppia di ammortizzatori Ohlins “S36PR1C1L”, freno a margherita della Braking e pinza Brembo.

Ciò che veramente contraddistingue questa XR è il grande utilizzo della fibra di carbonio per numerose parti, ad iniziare dai cerchi (entrambi da 17 pollici, ma il posteriore con canale da 5.5, mentre l'anteriore ha il canale da 3.5), per passare alla carrozzeria e finire ai carter del motore. 

Non solo. A dispetto di altre moto di indole corsaiola, qui è stata fatta molta attenzione alla verniciatura, curata nei minimi particolari non solo con lo splendido lavoro di aerografia, ma con abbinamenti cromatici e fiamme, tanto in voga negli USA. Oltre alla scelta di molti altri componenti di pregio come la tabella porta numero della Rizoma.

Questa XR 1200 ricorda molto uno degli Sportster utilizzati nel film Ghost Rider. Trovarne difetti è quasi impossibile. Forse, visto a chi è stata dedicata, avremmo osato un poco di più con il motore, per spremergli qualche altro cavallo.

UP: verniciatura
DOWN: salvamotore 
  


venerdì 9 giugno 2017

Buell: la storia che mai avremmo voluto.....

buell xb9sx blue

buell s1 my 1998 orange

buell xb12r yellow

 

La EBR Motorcycles, l'azienda che ha tentato di rilanciare il marchio Buell, è  in liquidazione e si preannuncia la parola “fine” su questo marchio che tanto ha fatto sognare. 

 

Negli ultimi vent'anni Erik Buell ne ha inventata una più del diavolo, non solo con le sue motociclette che hanno colpito al cuore gli appassionati, ma anche con clamorosi colpi di coda che hanno permesso più volte di continuare la produzione, sfornando qualche nuovo modello. Ma da diverso tempo sembra che Erik abbia esaurito la sua verve, non trovando una via d'uscita a quella che sembra una fine a tutti gli effetti. Ma sarà così ???

La storia di questo marchio insegna che fino all'ultimo non si può dire niente, ma sembra più che ragionevole supporre che tra poco delle Buell si parlerà solo ed esclusivamente al passato.

Peccato! Peccato perchè fin dai primi modelli prodotti nel lontano 1987, Erik Buell ha saputo far breccia nel cuore di moltissimi motociclisti proponendo moto dalla spiccata personalità e dalle ardite soluzioni tecniche.

In Italia il riscontro è stato inferiore alle aspettative probabilmente a causa, anche, di una errata gestione del brand da parte della stessa Harley-Davidson.
Se, infatti, Carlo Talamo (colui che importò le Buell in Italia sul finire degli anni novanta) comprese fin da subito che, nonostante il motore dello Sportster, il motociclista di riferimento non era l' “harleysta” tipico, ma per lo più lo “smanettone”, separando comunicazione, marketing ed eventi di Harley-Davidson e Buell. La casa madre (che aveva acquisito il marchio), al contrario, ha ragionato in altri termini.  

Tuttavia, voler attribuire il fallimento ad una causa piuttosto che ad un'altra può essere estremamente fuorviante da quello che è il discorso di fondo: le Buell sono delle moto dall'indubbio fascino la cui assenza (in termini di produzione), si farà sentire non poco tra gli appassionati. Soluzioni tecniche come il serbatoio del carburante nel doppio trave del telaio e quello dell'olio nel forcellone, sono state il risultato della mente geniale di Erik Buell.

E proprio facendo appello a questa mente geniale, che tanto ha fatto per salvare il marchio da una fine ingloriosa, ci auguriamo ancora una volta che il buon Erik riesca a salvare il suo glorioso marchio, rimettendo in produzione le bellissime moto.


 


martedì 6 giugno 2017

Undefined Sportster

undefined sportster by lc fabrications side right

undefined sportster by lc fabrications side left

undefined sportster by lc fabrications right angle

undefined sportster by lc fabrications back

 

Una custom con la “C” maiuscola, che ha soluzioni tecniche e stilistiche inedite, oltre ad un motore molto potente.....

 

L'esplorazione di nuove strade potrebbe rappresentare il tema “custom” del prossimo futuro, giungendo ad avere moto dallo stile indefinibile, studiate per non si sa quale utilizzo. Moto che magari nascono come semplici “show-bike” ma delle quali poi, si scopre una precisa vocazione con pochi accorgimenti.


Lo Sportster in questione, costruito in Virginia da LC Fabrications, ha delle soluzioni interessanti, unitamente al fatto che non si capisce bene se sia un  bobber oppure una cafe racer.


Telaio modificato nella zona posteriore, forcellone ed ammortizzatori montati con una inclinazione così notevole da sembrare quasi orizzontali, rappresentano il plus di questa moto. 

Intriga (...e non poco...) pure  il serbatoio del carburante montato sotto la trave centrale del telaio e molto vicino al motore, così come quello dell'olio spostato nel codone.
In mezzo a tutto questo, il kit S&S che porta la cilindrata a 1250 facendo raddoppiare i cavalli (si parla di oltre 90  in luogo degli originali 40....).


Anche l'elaborazione così radicale del motore è inusuale per una moto che sembra più un bobber che una cafe racer.


Sarà questa una delle nuove strade ????
Nel frattempo ci godiamo questa splendida moto, nonostante non si riesca a capirne la vocazione.

 
UP: forcellone ed ammortizzatori posteriori
DOWN: pompa freno anteriore 


sabato 3 giugno 2017

Il primo Sportster.....

sportster 883 m y 1992 white

 

Era una calda estate di oltre venti anni addietro quando, grazie a mio padre, arrivò il primo Sportster.

Le righe che seguono sono dedicate anche a lui.



“Ti ho guardata per ore
mentre mettevi in mostra le tue poche cromature.
Poi finalmente ho smesso di osservarti
e sono riuscito a toccarti.
Ed un caldo pomeriggio d’estate
siamo partiti verso distese sconfinate.
Erano i primi anni novanta
e mi spaventava il tuo peso vicino ai duecentocinquanta.
Ma ti ho sempre troppo amata
e nonostante ti sia allontanata
dopo tanti anni ti ho finalmente riconquistata”.

martedì 30 maggio 2017

883 Anniversario - la moto del "Pacciani" !

sportster 883 anniversario moto del pacciani side right

sportster 883 anniversario moto del pacciani front left angle

sportster 883 anniversario moto del pacciani front

sportster 883 anniversario moto del pacciani front right angle

sportster 883 anniversario moto del pacciani back

 

La storia di questa moto, in qualche modo, mi riguarda direttamente pur non essendone io il proprietario.

 

Correvano gli anni novanta. Frequentavo la facoltà di Giurisprudenza a Roma e giravo costantemente con il mio Sportster 883, regalatomi nel 1992 da mio padre. Strinsi amicizia con colui che, nel tempo, sarebbe diventato uno dei miei migliori amici, trasmettendogli la passione per le moto e la Harley-Davidson.

In facoltà, da qualcuno, fummo ribattezzati i  “compagni di merende”. In particolare Massimiliano venne ribattezzato  “Pacciani”, nomignolo che a distanza di anni ancora lo identifica tra molti ex studenti dell'Università Tor Vergata, reso ancor più calzante ora, che vive e lavora a Firenze.

Ma il punto non è questo. Massimiliano in quegli anni decise che, quanto prima si sarebbe comprato anche lui uno Sportster. L'occasione avvenne qualche tempo dopo, quando già si era trasferito nella città di Dante e lì svolgeva con efficacia e maestria la professione forense.

Il problema fu che l'amico vide una 883 usata ma non si rese conto subito su “quale” moto aveva puntato. La telefonata, quasi di rito, al sottoscritto, lo fece propendere per comprarla immediatamente dato che era una delle creazioni di Carlo Talamo.

Dopo qualche tempo vidi il suo nuovo acquisto e rimasi deluso: era tenuta male, seppur sempre affascinante. Iniziai negli anni a far la corte alla 883 Anniversario, chiedendo a “Pacciani” di vendermela: ma niente da fare.
Fino a quando, qualche mese addietro, la classica telefonata con cui mi veniva annunciato che, grazie all'opera fondamentale del dealer fiorentino Harley-Davidson Speed Shop, la moto aveva acquistato nuova vita.

Rispetto al progetto originale cambia qualcosa, come lo scarico due-in-uno, le piastre larghe, la sella, il porta targa inclinato ed il manubrio, oltre all'aggiunta della borsa laterale.
Ora la “Anniversario” sembra appena uscita dalla Numero Uno, per quanto è splendente.