Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

mercoledì 27 settembre 2017

Sportster: al centro del mondo!!!!!!

open day 2017 hd adversiting by hd savona

Per divulgare l'OPEN DAY del 7-8 ottobre 2017, il dealer di Savona usa l'immagine di uno dei modelli Sportster del 2018.


Harley-Davidson ha da poco presentato alla stampa la rinnovata gamma dei modelli Big Twin per il 2018. Modelli che tagliano con il passato sotto molteplici aspetti. Gli OPEN DAY sono l'occasione per farli conoscere al grande pubblico. Potrebbe apparire strano che, a fronte della situazione ora descritta, al centro del messaggio pubblicitario vi sia invece uno Sportster. 

Ma lo Sporster non è solo uno dei modelli Harley-Davidson più venduti in Italia (se non il più venduto...), ma è anche l'anello di congiunzione tra il mondo Harley ed il motociclismo tradizionale, per una serie di motivi che vanno dal prezzo in linea con le concorrenti, alla grande guidabilità

Quale miglior testimonial per presentare la nuova gamma ????

martedì 26 settembre 2017

XLCH - 1958

sportster xlch 1958 blue and white

sportster xlch 1958 red and white

sportster xlch racing 1958 black and white
XLCH Racing

sportster xlch 1958 adversiting

Nata per gli smanettoni.


Dal 1958 lo Sportster subì degli aggiornamenti miranti ad esaltarne la performance.  
Nacque la XLCH,  ove la sigla CH significava “Competition Hot” (per alcuni la sigla sta per “California Hot”).  

Si trattò principalmente di modifiche riguardanti il motore attraverso la modifica delle testate, dotate di valvole maggiorate, nuovi alberi a cammes dal profilo più spinto, pistoni bombati e punterie alleggerite. 

In linea con il carattere racing della moto, vennero montate delle sovrastrutture minimaliste. Con la XLCH iniziò anche la storia del “peanut tank”, il piccolo serbatoio da otto litri che, per anni, caratterizzerà la linea dello Sportster. In origine la sua adozione fu imposta da necessità legate alle competizioni.  Agli inizi degli anni cinquanta le gare di dirt-track si svolgevano sulla distanza di duecento miglia, oppure cento giri:  perciò abbastanza lunghe. Al contrario, quelle di short-track erano molto corte ed un serbatoio troppo grosso era un handicap.
Accadde, quindi, che il peanut, previsto in un secondo tempo come optional, venne montato, poi, anche sulle versioni scrambler dello Sportster grazie alla sua linea che ben si integrava con il resto della moto. 

La nuova moto venne subito accolta dai giovani smanettoni americani. Gli oltre sessanta cavalli, in grado di far coprire il quarto di miglio in poco più di sessanta secondi, con una velocità di punta pari a centocinquanta chilometri all'ora, fecero diventare la XLCH il mezzo ideale per quanti volevano scorazzare sulle strade. Poiché verrà utilizzata anche per fare fuori strada, nel catalogo della Harley-Davidson furono previsti degli scarichi alti. 

Se il motore fu il punto forte del mezzo, cambio e ciclistica ne rappresentarono gli aspetti problematici. Il primo,  molto fragile,  subirà nel corso degli anni diversi aggiornamenti. La ciclistica, invece, offrirà una grande maneggevolezza a scapito della tenuta di strada. Questo porterà diversi giovani “riders”, non all'altezza del mezzo, ad avere numerosi incidenti e lo  “Sportster knee” diventerà tristemente famoso.  

Per anni la XLCH dominerà incontrastata sulle strade americane. Scomparirà dal catalogo nel 1979, dopo aver ottenuto il miglior risultato di vendite nella sua classe.


venerdì 22 settembre 2017

Sportster Ironhead by Vibrazioni Art Design!

sportster ironhead dragster style by vibrazioni art design side right

sportster ironhead dragster style by vibrazioni art design side left

sportster ironhead dragster style by vibrazioni art design engine

sportster ironhead dragster style by vibrazioni art design side right

Romba come una miriade di tuoni. Vibra come un terremoto del più alto grado della scala Mercalli. Emoziona come un arcobaleno dopo la pioggia battente.



Chi ha seguito “Lord of The Bike” non può non conoscere questi ragazzi che amano dar forma a vecchi fusti di olio e carburante riciclati con cui costruiscono  sovrastrutture di motociclette e ne ricavano arredi di design. Si tratta di un lavoro lungo ed emozionante, così come emozionanti sono state da sempre le loro creature. A parte le varie Moto Guzzi trasformate per la serie televisiva di cui sopra, vi sono altre moto come la Ducati Scrambler, denominata “SC-Rumble”, che lasciano senza fiato.

La storia di questo Sportster è abbastanza particolare. La moto apparteneva ad un certo Paolo Bergamaschi che l'aveva poi venduta a Roberto Ungaro, direttore responsabile della rivista Riders, ma si trattava di una moto praticamente da flat-track.  Per festeggiare i 110 anni della Harley-Davidson, la moto di Ungaro finisce nelle mani dei ragazzi di Vibrazioni Art Design, che la trasformano totalmente, tirandone fuori questo ordigno. 

Fermo restando che, sebbene non si sappia se la moto in origine fosse una XLCR oppure una XLCH, e ritenendo l'opera di trasformazione di uno dei due modelli una vera e propria follia senza senso, tanto sono rari e ricercati, va fatto tuttavia un plauso per l'ottimo risultato finale

Il primo passo per il progetto finale è stato quello di smontare il motore dal telaio e far diventare quest'ultimo rigido saldando una triangolazione rigida in tubi di acciaio al posto del forcellone oscillante. E' stato abbassato l'avantreno in modo da avere un effetto rasoterra e sono stati montati due semi-manubri ricavati al tornio. Dopo un lungo lavoro di battitura dei bidoni si è ottenuto il codone, montato senza sella ne la minima parvenza di imbottitura, serbatoio e cupolino (per quest'ultimo l'ispirazione è stata fornita dal cupolino di una Ducati 999).

Il motore è stato montato senza alcun intervento mantenendo la ruggine accumulata negli anni, oltre al carburatore Dell'Orto da 40mm ed il filtro dell'aria Amal. I vecchi scarichi sono stati sostituiti con due collettori cortissimi.

Per i 110 anni della Harley-Davidson questa era la moto più appropriata. Una moto rozza, selvaggia e poco domabile, che può essere creata ed appartenere solo ad uno spirito veramente libero.  E nell'immaginario collettivo le moto di Milwaukee sono proprio così.

Ho scelto di proporla dopo quasi cinque anni dalla sua creazione come  provocazione a tutte quelle moto anonime prodotte da grandi case motociclistiche


UP: progetto in se stesso
DOWN: il modello da elaborare utilizzato


giovedì 21 settembre 2017

Duecilindri!!!!!

duecilindri logo

Da oggi troverete anche questo link. E' il blog dell'amico Paolo Ghirindelli che parla, come 1957legend, di Sportster.


Era da tempo che ci pensavo e mi sembrava doveroso. Doveroso sia verso chi legge, sia nei confronti di Paolo che si adopera come il sottoscritto per diffondere la cultura di questa “piccola”, ma grande moto.

Della questione ne abbiamo parlato e ci siamo confrontati e, pur mantenendo ognuno la propria identità, abbiamo deciso di cercare di viaggiare parallelamente. 

Abbiamo presupposti e prerogative diverse, che permettono al lettore di trovare la completezza delle informazioni leggendo i due blog. 

Io sono più un animale da biblioteca ed attratto dallo studio dei diversi aspetti legati alla storia ed al prodotto in se stesso. Oltre, ovviamente alle elaborazioni ed alla tecnica motoristica. Paolo, invece, privilegia i risvolti pratici, muovendosi parecchio ed operando sul campo. 

Logico, quindi, che se si vuole offrire un “plus” di informazioni a chi legge, dobbiamo mettere le persone nelle condizioni di conoscere le due realtà virtuali.
Mi auguro sia di aiuto.  
 

lunedì 18 settembre 2017

XL Sportster - 1957

xl sportster 1957 red and black

xl sportster 1957 black and white

xl sportster 1957 picture red and white

xl sportster 1957 adversiting beauty power adventure

xl sportster 1957 adversiting all new sportster 57 hd line

La prima, vera, moto sportiva, in grado di far sognare i giovani smanettoni.


Finalmente nacque la Sportster, la moto tanto aspettata ed in grado di competere con le inglesi.  
La lettera “X” identificava le moto con i motori dotati di valvole in testa ad utilizzo stradale, mentre la lettera “L” si riferiva il primo stage di elaborazione negli hot-rod.

Fin dalla presentazione, la campagna di promozione della Sportster ebbe come destinatari principalmente coloro che desideravano una moto giovane, moderna e dalle alte prestazioni. 
Lo Sportster riprese non solo alcuni elementi stilistici della KH ma anche  diversi altri particolari, come il basamento del motore e la ciclistica. Si continuò ad adottare la cilindrata di 883 già presente sulla KH, con distribuzione ad aste e bilancieri, quattro alberi a cammes nel basamento,  due valvole in testa per ogni cilindro e forma emisferica della camera di scoppio, come sui motori da corsa. 

Della precedente K, la nuova moto utilizzò il basamento del motore, il carter, il cambio, e la trasmissione primaria della stessa.

La cilindrata 883 fu il risultato di un maggiore alesaggio ottenuto con pistoni e valvole più grosse mentre diminuì, invece, la corsa. Questo permise di avere  maggior numero di giri e maggior potenza.
Le teste erano le parti più recenti del motore: inizialmente furono costruite in ferro, ma dopo pochi anni vennero costruite in lega, materiale che permetteva una miglior combustione ed un miglior raffreddamento.  

Quando vide la luce, lo Sportster ebbe come optional la verniciatura bicolore nera e rosso, che in Harley-Davidson chiamavano “Pepper Red”. Il freno anteriore era a tamburo. L'accensione inserita all'interno di un coperchio cromato sul carter destro del motore. Gli scarichi si univano nella parte bassa per dare luogo ad un due-in-uno.

Il telaio era in tubi di acciaio e la parte centrale dello stesso ne aveva uno di maggior diametro. Dall'inizio del cannotto di sterzo, passando per la sella, fino ad arrivare alla parte posteriore, correvano due tubi bassi, più piccoli di diametro, che passavano sotto al motore per poi risalire dietro allo stesso nel tratto che andava ad unirsi al forcellone.
Il secondo paio di tubi scorreva fra il congiungimento posteriore e la zona dove venivano montati gli ammortizzatori.

Le sospensioni erano di tipo convenzionale:  forcella telescopica e due ammortizzatori posteriori. La lubrificazione era di tipo “carter a secco” , con il serbatoio dell'olio collocato dietro al cilindro posteriore, sul lato destro, sotto la sella. Sulla parte sinistra del serbatoio dell'olio vi era l'alloggiamento per la batteria da 6 volts. Lo Sportster era una moto moderna che aveva circa 40 cavalli e con un motore molto più robusto rispetto al vecchio KH.  

La rivista americana Cycle, nel marzo del 1957, parlò di accelerazione terrificante e di una elevata velocità di crociera dovuta ad un motore molto solido. Tuttavia, la stessa rivista fece diverse critiche: le sospensioni erano rigide e l'acceleratore aveva un funzionamento irregolare ai bassi regimi. Inoltre, l'escursione della leva del cambio era notevole. I tester si espressero in maniera non univoca su diversi problemi riscontrati durante le prove. 

Un'altra questione riguardava il peso della moto, che la Harley-Davidson dichiarava fosse di 495lb (oltre 224 kg) ma non specificava se fossero a secco o meno.  
La stessa rivista parlò di un interasse minore rispetto a quello della KH, ma non specificando di quanto. Discorso analogo sulla capacità del serbatoio del carburante che diceva essere intorno ai 4.1gal (quasi 16 litri), mentre la Harley-Davidson affermava si aggirasse attorno ai 4.4gal  (oltre 16 litri).  Sempre la rivista Cycle parlò di una velocità massima di 101,4 mph (quasi 165 km) con una accelerazione sul quarto di miglio pari a 15.03sec.

Nonostante queste critiche, nel primo anno di produzione le vendite della XL furono il doppio rispetto a quelle della KH.
La Sportster era nata sotto una buona stella!


venerdì 15 settembre 2017

Sportster Ironhead Drayton Porkchop

sportster ironhead drayton porkchop side right

sportster ironhead drayton porkchop engine

sportster ironhead drayton porkchop engine side right

Un Ironhead 1000 del 1972 viene smontato totalmente e ricostruito attingendo a più stili. Il risultato è una moto molto aggressiva.


Quando si decide di customizzare una moto si può andare sostanzialmente in due direzioni: si sceglie uno stile e lo si segue, magari apportando piccole correzioni, oppure si opta per qualcosa di totalmente originale, il cui risultato può non essere consono alle aspettative.  
Nello specifico, lo scopo principale era quello di avere una moto dal look e dallo spirito molto aggressivo,  con elementi delle cafe-racer e le parti costruite in casa.

L'Ironhead 1000 è stato quasi completamente smontato. Il primo e più importante intervento è stato quello di cercare un effetto “low”, ottenuto lavorando su forcella ed ammortizzatori (sostituiti con due barre di acciaio rigido) e sono stati montati sui cerchi originali due pneumatici Firestone Ans. Si è poi provveduto a togliere tutto il superfluo dovendo, quindi, mettere mano anche sull'impianto elettrico. Il serbatoio del carburante, debitamente modificato, proviene da una Yamaha, mentre il codone posteriore è stato costruito e, per avere una moto dall'aspetto minimalista, è stato anche rimodellato il telaio nella parte posteriore in modo ad accorciarlo, adattandolo alle nuove esigenze. Scarico e filtro dell'aria sono anche essi di produzione artigianale. Per avere una moto molto aggressiva si è optato per un colore nero opaco con l'aggiunta di elementi decorativi fatti a mano sul serbatoio dell'olio e del carburante.

La “Porkchop” è una moto non ben definita. Ha elementi del chopper e del dragster, il tutto con uno spirito “brat”. Una moto rozza e selvaggia.


UP: decorazioni sul serbatoio del carburante

DOWN: faro anteriore






martedì 12 settembre 2017

K Models - 1952

harley davidson k model light blue 1952

harley davidson k model yellow 1952

harley davidson k model picture

harley davidson k model engine picture 1952

elvis on harley davidson k model
Elvis on K model


Se è vero che la storia dello Sportster inizia ufficialmente nel 1957, è altrettanto vero che i modelli K e KH, entrati in produzione qualche anno prima, ne tracciano la strada.



I modelli della serie “K” nacquero dalla necessità di avere una moto sportiva, in grado di contrastare l'avanzata delle moto inglesi nelle competizioni: parliamo di marche come Norton, BSA e Triumph.

Le inglesi erano molto agili e facili da guidare, mentre il motore 750 a valvole laterali che equipaggiava dal 1921 i modelli WL, dotato di bassa compressione ed indicato per le lunghe percorrenze, si era rivelato inadatto per le gare. La K 750 nacque, quindi, dalla precisa esigenza di avere una moto leggera. 

Mantenne il medesimo alesaggio e la corsa del motore precedente (quello montato sui modelli WL), così come le valvole laterali, ma vide alloggiati i quattro alberi a cammes nel basamento (soluzione che mantengono tutt'ora gli Sportster).  Tale soluzione permise di far girare il motore in maniera migliore agli alti regimi, grazie al carico delle valvole diviso su otto supporti invece che su due.

Contrariamente a quanto stava accadendo sui Big Twin, che montavano valvole in testa, si scelse di continuare con le valvole laterali. Il motivo fu da ricercare sia nella maggior complessità di messa a punto dei motori con valvole in testa, che richiedevano maggior manutenzione, sia nel fatto che un 750 con valvole in testa sarebbe costato come un 1000 o un 1200 e non avrebbe potuto partecipare alle gare nella classe C (classe istituita negli anni 40 aperta a 750 con valvole laterali o 500 con valvole in testa).

Inoltre tale scelta fu dettata anche dall'esigenza di non avventurarsi nella realizzazione di un motore non in grado avere la stessa affidabilità e durata delle valvole laterali. 

La Harley-Davidson stava attraversando grandi problemi di affidabilità sui motori Panhead con testa in alluminio, causati dalla lubrificazione  e dalle punterie. 


Uno dei punti di forza della serie K fu l'estrema semplicità costruttiva rispetto ai modelli con cambio separato, nonché l'accesso immediato ad ogni componente per regolazioni, riparazioni e sostituzioni.
Il modello K rappresentò l'unico baluardo americano all'invasione delle moto inglesi, dal momento che la Indian chiuse i battenti nel 1953.

Purtroppo, nonostante il carattere rivoluzionario di alcune soluzioni tecniche adottate (cambio in blocco, il selettore del cambio a pedale, la frizione a mano e gli ammortizzatori posteriori), una volta presentata la moto si rivelò al di sotto delle aspettative. Il motore era “antiquato”  (montava ancora le valvole laterali) e raggiungeva a mala pena i 130 km/h, contro gli oltre 160 km/h delle moto inglesi, con appena 30 cv, in luogo dei quasi 50 delle anglosassoni. 
Inoltre, si presentarono noie meccaniche  che obbligarono la Company ad intervenire con apposite campagne di richiamo.

Dopo due anni dalla presentazione, durante i quali le vendite furono nettamente inferiori rispetto alle previsioni, la Harley Davidson decise di correre ai ripari.
A nulla servirono anche i diversi interventi al modello K per guadagnare cavalli. In un primo tempo venne introdotta la variante più potente del motore denominata KK, ottenuta attraverso la lucidatura dei cilindri e alberi a cammes dal profilo più spinto, ma non fu risolutiva in quanto la moto continuò ad essere poco competitiva con appena 10 km in più di velocità massima.....

Sebbene, successivamente, vennero sviluppate varianti specifiche per le gare del modello K, denominate KR (per le gare da flat-track) e KRTT (per i circuiti veloci), il modello K andò incontro ad un intervento sostanziale.

Nel 1954 venne introdotto sul mercato il modello denominato KH, cui fu aumentata la cilindrata fino ad 883 cc, attraverso una maggiorazione della corsa. Si intervenne, poi, sugli alberi a cammes, sulle camere di combustione e sul diametro delle valvole. Vennero irrobustiti gli ingranaggi del cambio ed il basamento del motore. Si raggiunse la potenza di circa 38 cv ed una velocità di circa  140 km/h. In questo modo si ottenne non solo una maggior potenza, ma anche una maggior coppia e, di conseguenza, una guida più piacevole grazie ad un minor uso del cambio.

La moto venne ulteriormente evoluta verso la fine del 1955 attraverso un modello denominato KHK (dove l'ultima K significava “kit”) con la potenza che saliva a 45 cv ed una velocità prossima ai 150 km/h. Anche in questo caso, per ottenere maggior potenza si intervenne principalmente sugli alberi a cammes ed anche sui condotti, accuratamente lucidati.

Tuttavia le inglesi erano ancora lontane.......