Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

Visualizzazione post con etichetta Freeway Magazine Italia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Freeway Magazine Italia. Mostra tutti i post

sabato 20 marzo 2021

Freeway Magazine Italia


All'interno di questo blog ho inserito molti Sportster e qualche editoriale di questa rivista, nata in Italia nei primi anni novanta, con la quale ho avuto modo di collaborare per circa cinque anni, dal 2004 al momento della sua chiusura avvenuta nel 2009. 

Articoli con cui ripercorro la storia del "custom" in Italia e, di conseguenza, dello Sportster, oggetto di interpretazioni che hanno risentito spesso della tendenza del momento. Per chi non lo avesse vissuto, il decennio 1990-2000 rappresenta anche il momento di massima espansione della Numero Uno ed il più prolifico per Carlo Talamo che, con le sue intuizioni ed il suo ferreo lavoro, ha prodotto non solo bellissime realizzazioni su base Harley-Davidson, Buell e Triumph, ma ha contribuito a far nascere nuovi modelli, apportando anche una nuova visione al mondo delle moto

Freeway Magazine, a quanto mi risulta, fu proprio voluta dallo stesso Carlo Talamo, il quale intuì immediatamente l'esigenza di una rivista italiana che veicolasse l'aria nuova che si stava respirando intorno al mondo delle moto, della quale era il principale portatore. 

I vari articoli sono stati inseriti senza un ordine logico, perchè lo scopo è tentare di far rivivere a chi legge "spicchi" di quel fenomenale ed irripetibile periodo legato indissolubilmente alla presenza di Carlo Talamo al quale ero, oltretutto, molto affezionato.    

venerdì 29 gennaio 2021

Black Wings






Negli anni novanta, soprattutto in Italia, la tendenza verso la customizzazione degli Sportster andava in una precisa direzione: ciclistica prelevata da qualche “jap” di ultima generazione o, comunque, “modernizzata” e motore elaborato all'inverosimile.

Il “dark custom”, poi diventato di serie, si sarebbe affermato molto tempo dopo. Le prime elaborazioni  “dark” fecero scalpore, come le due creazioni di Carlo Talamo e della Numero Uno (anche se non su base Sportster) come “La Suora” e “Fate l'amore e non fate la guerra”. 

Lo Sportster apparso sulle pagine di Freeway nel 1995 è fedele alla filosofia dell'epoca: forcella Ceriani a steli rovesciati (la stessa di qualche kit approntato dalla Numero Uno) che lavora su un cerchio da 16 pollici (una novità per l'epoca ) con disco flottante da 320mm e pinza a quattro pistoni marchiata Brembo, ammortizzatori posteriori più bassi degli originali di tipo progressivo (altra novità in quegli anni....).

Il motore, fiore all'occhiello di questa elaborazione, viene spremuto a dovere aumentando la cilindrata da 883 a 1200 cc tramite pistoni Wiseco e montando alberi a cammes Andrews, carburatore Mikuni HSR 42 e scarico due in uno Supertrapp. Viene rinforzata la frizione sostituendo l'originale con una Barnett e montato posteriormente un cerchio più largo (sempre da 16 pollici come l'originale), montando la trasmissione finale a catena.


mercoledì 27 gennaio 2021

Sportster Drag





Motore portato all'incredibile limite di 1874 cc (mantenendo i carter originali) e telaio dragster connotano questo Sportster “street” apparso sulle pagine di Freeway nel lontano 1996, seguendo un filone poi non sviluppato negli anni, quanto meno nell'Europa continentale (questo Sportster arriva dalla Svezia...).

Si tratta di una moto dall'indubbio fascino soprattutto pensando che è stata costruita in chiave stradale avendo come riferimento l'affidabilità del mezzo. Un “mostro” da 165 cv su 165 kg. La base è rappresentata da uno Sportster 883 del 1987 con cambio a quattro rapporti e trasmissione finale a catena. Per contenere l'incredibile potenza è stato progettato un telaio di tipo rigido con tubi in cromo-molibdeno ed una angolazione del cannotto di sterzo pari a trenta gradi. 

Il motore è stato rifatto completamente e per rendere l'idea del lavoro effettuato sopra non bisogna soffermarsi solo sulla cilindrata o sulla potenza, ma anche sul ragguardevole alesaggio (96,99mm) e sul rapporto di compressione alto (11,5:1).


mercoledì 16 dicembre 2020

Nata per vincere






Negli anni novanta apparvero in Europa su alcune riviste specializzate (….all'epoca internet non esisteva...) i primi chopper di Arlen Ness, caratterizzati da lunghi ed avvolgenti parafanghi in materiale plastico, verniciature “flame”, manubri ape-hanger, cerchi lenticolari cromati, ampio utilizzo di alluminio billet. 

Fecero subito tendenza e molti si cimentarono nella costruzione di moto simili, utilizzando per lo più i Big Twin da 1340 cc (che Ness spesso elaborava all'inverosimile....).

Raramente si sono viste realizzazioni su base Sportster come questa.

Il motore Sportster 883 (elaborato fino a 1200 cc tramite pistoni Wiseco, con l'aggiunta di un carburatore S&S Super B e scarichi “fishtail”) è stato inserito in un telaio rigido, con una grande inclinazione del cannotto di sterzo,  abbinato ad un cerchio posteriore lenticolare ed uno anteriore a raggi (entrambi da 16 pollici). Il tutto corredato da alluminio a profusione.


venerdì 11 dicembre 2020

"L'Harley secondo me!"

intervista a carlo talamo su freeway magazine

intervista a carlo talamo su freeway magazine

In questi giorni mi capita di imbattermi in un vecchio “speciale” di Freeway Magazine  dedicato ad Harley-Davidson aprendolo, nemmeno a farlo a posta, proprio sull'intervista fatta a Carlo Talamo.

La leggo attentamente e rimango ancora una volta a bocca aperta.

Per anni mi hanno affascinato le sue aziende e le sue “special”  (sia Harley-Davidson che Triumph) oltre, ovviamente, alle sue pubblicità.

Questa volta rimango colpito da quanto dice a proposito di Harley e Buell. Carlo sapeva ed aveva previsto tutto già con venti anni di anticipo, ma non è stato ascoltato. Certo. Per molti era un personaggio scomodo e la sua prematura scomparsa ha rappresentato un peso in meno, ma volete mettere se solo fosse stato ascoltato ?????? E non è la sua unica intervista. 

Questo rafforza in me la convinzione che abbiamo perso un genio. Un visionario che avrebbe potuto dare un'impronta differente a molte aziende in ambito motociclistico (vedasi Moto Guzzi con la quale aveva iniziato a collaborare poco prima del fatidico incidente).  


domenica 6 dicembre 2020

Evil Superstock




 


Negli anni novanta c'era molto fermento nel mondo Harley-Davidson, che avrebbe fatto da traino per la futura affermazione del fenomeno della customizzazione, specialmente in Italia. Come ho raccontato più volte, lo Sportster veniva spesso elaborato in chiave racing, esasperando le prestazioni del motore abbinato ad una ciclistica prelevata interamente da qualche sportiva giapponese. 

Sulla scena romana coesistevano sostanzialmente tre anime: quella legata alla Numero Uno, Carlo Talamo e Fabrizio Farinelli, quella dei vari gruppi che avevano una visione molto romantica di Harley-Davidson andando in giro con moto assai vecchie (vedasi ad esempio il famoso gruppo di Monteverde) e l'American Motorcycle, che aveva fatto proprio lo spirito di Arlen Ness. Fu il contatto con quest'ultima realtà per molti fonte di ispirazione per rendere le “piccole” di Milwaukee vere e proprie sportive. 

Lo Sportster di Cris, alias “Teschietto”, apparve sulle pagine di Freeway Magazine nel 1997, quando stavano arrivando in Italia le prime Buell, e non si conosce se la scelta di questa elaborazione fu dettata da precedenti contatti con la “crew” dell'American Motorcycle. Di sicuro la moto fu elaborata in maniera radicale. 

Il motore portato a 1500 cc tramite un kit S&S che comprendeva, oltre ai pistoni, anche valvole, aste, teste, cammes ed il famoso carburatore S&S “Super G”. Cerchi da 17 pollici della Marchesini abbinati a freni Performance Machine (….altro must di quel periodo....). Posteriormente si rese necessario (per ospitare un cerchio dal canale nettamente più largo rispetto all'originale) non solo di sostituire la tradizionale trasmissione finale a cinghia con una a catena (indispensabile per tenere a bada il notevole aumento di potenza), ma anche di montare un forcellone di alluminio (JMC). 

Stranamente la forcella conservò gli steli di serie, salvo l'abbinamento a piastre OMP con una maggiore inclinazione. Una moto veramente bella e realizzata con cura. Sarei curioso di sapere se è ancora in giro......       


mercoledì 2 dicembre 2020

Spanish Flyer






Negli anni novanta la tendenza per customizzare gli Sportster  (quando non si voleva realizzare un bel chopper con telaio rigido) era più o meno una: ciclistica prelevata da qualche “jap” sportiva, motore elaborato pesantemente, verniciatura vistosa. Questo prima che negli anni duemila si affermasse il fenomeno cafe racer e, un decennio più tardi, si iniziasse ad esplorare infinite forme di customizzazione.

Specialmente in Francia si poneva molta attenzione all'aspetto cromatico, fondamentale per supportare un'ottima elaborazione.

Nel 1997 sulla rivista Freeway Magazine Italia appare questo Sportster costruito in Spagna seguendo quella logica. La base di partenza è un 883 del 1991 con cambio a cinque rapporti e trasmissione finale a cinghia, sul quale viene montata una forcella a steli rovesciati prelevata da una Suzuki GSX-R 750, abbinata a cerchi della Performance Machine in lega da 17 pollici di diametro con canale da 3.5 (anteriore) e 4.5 pollici al posteriore.  La stessa azienda fornisce anche i dischi freno, molto in voga in quegli anni.

Il motore subisce un notevole aumento di potenza grazie alla cilindrata portata a 1427 cc tramite pistoni Axtell, carburatore S&S Super G dotato di Thunderjet, cammes Redshift, aste Crane, scarico due-in-uno Supertrapp.

Troviamo una serie di altri componenti di pregio come le pedane arretrate Storz, specchietti Arlen Ness e carrozzeria di tipo “warbird”, altro elemento che per un periodo di tempo è stato utilizzato in molte preparazioni.


mercoledì 18 novembre 2020

Under 6!!!!



I dragster non sono quel genere di moto in voga nel vecchio continente. Ogni tanto si vedono elaborazioni a tema e ci sono anche dei campionati organizzati, ma si tratta di ben poco, diversamente da quanto avviene negli Stati Uniti.

Questo Sportster costruito per le gare di accelerazione è apparso sulla rivista Freeway Magazine del lontano 1995, mostrando quanto si può elaborare lo “small-block” (inserito in un telaio apposito...).  

La cilindrata è infatti arrivata a 1900 (pistoni Ross) ed è stato indispensabile intervenire su imbiellaggio (S&S) ed albero motore per evitare rotture immediate. Carburatore S&S, teste STD, cammes Zippers ed accensione Dyna S Single Fire (che fornisce la scintilla all'interno del cilindro nella fase utile e non in maniera simultanea) completano l'opera.

Sono passati oltre venti anni dalla costruzione di questo Sportster per le drag-racing e questo la dice lunga su quanto questo motore sia robusto, dal momento che è stato spremuto a dovere.


mercoledì 11 novembre 2020

Smanett-One!!!!!



 
                                       
                                                                         
          

Le preparazione in chiave racing degli Sportster, in Europa negli anni novanta, era sostanzialmente quella che si vede su questa moto apparsa sulle pagine della rivista italiana Freeway Magazine del 1995: si interveniva a fondo sul motore (talvolta anche sulla ciclistica adottando cerchi e forcelle prelevati da "jap" sportive), si montavano parafanghi in materiale plastico (prelevati da qualche catalogo) e si verniciava la moto in maniera abbastanza vistosa. Semi-manubri e pedane arretrate erano d'obbligo, seppur il concetto di cafe-racer si sarebbe affermato come moda negli anni duemila. 

Su questo Sportster 883 del 1989 (con trasmissione finale a catena e cambio a quattro rapporti) è stato cromato anche il telaio. Il motore è stato elaborato secondo la ricetta dell'epoca che prevedeva carburatore (nello specifico S&S Super E), motore portato a 1200 cc con pistoni dal diametro più grande (quasi sempre si utilizzavano i Wiseco dello stesso peso degli originali), alberi a cammes dal profilo più spinto (Andrews come in questo caso o Screamin'Eagle) e scarico due-in-uno Supertrapp (raramente venivano adottati altri scarichi). In più sono state lucidate le teste e rifatto completamente l'imbiellaggio.

A parte la verniciatura, negli anni questo modo di rivisitare gli Sportster in chiave quasi pistaiola ha fatto tendenza.


domenica 29 marzo 2020

Cambiamento epocale!!!!!!

Condivido questo editoriale della rivista Freeway Magazine apparso sul numero 79 del 2000, con alcune considerazioni....

Nel 2000 Carlo Talamo lasciò l'importazione della Harley-Davidson per concentrarsi solo su Triumph (…..ed altri progetti...). La sua Numero Uno sarebbe diventata un ricordo per molti che avevano avuto la fortuna di vivere appieno quel glorioso periodo, mentre Harley-Davidson avrebbe cambiato radicalmente pelle. La dimensione genuina,  l'impronta imprenditoriale “talamiana”, avrebbe lasciato spazio ad una connotazione più fredda del marchio americano.

Freeway Magazine dedicò questo editoriale al cambiamento epocale e, probabilmente, scelse la foto dello Sportster bombardato in pista perchè meglio rappresentava il nuovo corso, fatto di numeri di vendita crescenti in maniera quasi vorticosa e di un interesse oltremodo dilagante.

Quando avvenne questo passaggio di consegne (di cui tutti sapevano da tempo) avevo già abbracciato il marchio inglese Triumph e deciso di continuare l'avventura con Carlo Talamo ed il suo staff (anche se da amico/cliente), sebbene avessi nel cuore sempre lo Sportster e continuassi a documentarmi quanto più possibile sull'argomento.

All'ora, come oggi, ero attratto dalla dimensione romantica ed allo stesso tempo goliardica del motociclismo che trovavo appieno nella Numero Tre e nell'impronta data da Carlo Talamo. Quando Carlo morì, nel 2002, quell'impronta man mano si perse, tanto è vero che alla fine tornai definitivamente sul mio primo amore: lo Sportster. La moto comprata nel 1992 (il mio primo Sportster è ancora in giro e risulta essere in Molise. Peccato non lo vendano nemmeno sotto tortura....). Quella che per me rappresenta la più bella moto in assoluto.

Concludo con un velo di polemica. La vita è fatta di momenti, periodi ed epoche, ma la storia non si può dimenticare. Ed in questo senso sembra che in Harley-Davidson abbiano voluto cancellare a tutti i costi la storia fatta da Carlo Talamo in Italia, forse perchè troppo scomoda. 


venerdì 29 giugno 2018

A Sud di Stoccolma!!!

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997

sportster chopper on freeway magazine n 44 1997


Negli anni novanta la parola “chopper” veniva associata quasi unicamente a Svezia.


Lunghe forcelle, interassi illimitati, cannotti di sterzo molto “aperti”, gommoni posteriori giganteschi, motori elaborati e drag-pipes per farsi sentire a chilometri di distanza erano un must per chi doveva costruire un chopper.

Si trattava di una vera e propria influenza di stile che ritroviamo anche in questo chopper costruito nel 1997 dalle parti di Lecce (Puglia).

Il motore Sportster Ironhead del 1974, con nuovi pistoni Wiseco che non alterano la cilindrata originale, è smontato e revisionato ma, a parte un carburatore Mikuni da 36mm con filtro dell'aria Arlen Ness e relativo scarico, non subisce altri interventi ed è inserito in un telaio rigido con cannotto dello sterzo inclinato a 42 gradi (!!!!!!!!!).

Anteriormente troviamo una forcella Jammer che lavora su un cerchio da 19 pollici. Come tutti i chopper dell'epoca è la parte posteriore il vero pezzo : una ruota Calles da 15 pollici ed 80 raggi con pneumatico automobilistico e corona in funzione di disco freno della Tolle. Come da abitudine per quei tempi, nel costruire la moto si è fatto ampio ricorso a parti in alluminio billet.

venerdì 15 giugno 2018

Midnight Rambler

sportster ironhead 1000 on freeway magazine 1997

sportster ironhead 1000 on freeway magazine 1997

Sono passati oltre venti anni dall'elaborazione di questo Ironhead 1000 ed è palese la tendenza dell'epoca.....


Negli anni novanta in Italia, agli albori del custom che riguardava praticamente solo le Harley-Davidson, una delle mode era quella di “modernizzare” le Harley prelevando quasi tutta la ciclistica da una moto giapponese sportiva, ad iniziare dai cerchi. Esteticamente la moto appariva come un ibrido mal riuscito e stonava non poco questo abbinamento.  In aggiunta si elaborava il motore pesantemente. A dire il vero questa tendenza riguardava le numerose officine che iniziavano a sorgere nella penisola, ma non le moto customizzate dalla Numero Uno e da Carlo Talamo che mantenevano altre prerogative. 

Infatti l'Ironhead ha pistoni Wiseco in grado di aumentare la cilindrata, silenziatori in carbonio e filtro dell'aria S&S. Cerchi Marchesini, forcella Showa e forcellone JMC (altra moda dell'epoca era l'utilizzo di questi forcelloni quando si montavano cerchi più larghi) completano le modifiche effettuate che fanno a completarsi attraverso qualche accessorio. 

Ciò che veniva mostrato da chi effettuava questo tipo di preparazioni, era il grosso lavoro di meccanica indispensabile per adattare la ciclistica proveniente da altre moto. Gli interventi sul motore, almeno in Italia, spesso erano approssimativi sebbene si utilizzassero numerose parti, dal momento che tecnici preparati per le Harley-Davidson erano quasi solo quelli formati dalla Numero Uno.  Non era inusuale vedere molti motori elaborati con potenze nettamente inferiori a quelle che avrebbero potuto sviluppare con un corretto lavoro di montaggio e messa a punto.
Questo Ironhead offre esattamente la dimensione della tendenza che si era diffusa in Italia negli anni novanta.


venerdì 8 giugno 2018

Wild Wide Forks

sportster chopper on freeway magazine 1999

sportster chopper on freeway magazine 1999

sportster chopper on freeway magazine 1999

Una lunga forcella che sbuca dal lontano 1999......


Inauguriamo ufficialmente oggi la rubrica “Amarcord”, con gli Sportster apparsi sulle riviste di moto fino al 2010. Lo scopo è quello di voler offrire una ricostruzione storica del fenomeno custom in Italia attraverso immagini e scritti  di riviste famose, passando principalmente attraverso lo Sportster.
La moto che presentiamo oggi è un chopper costruito in Italia sulla scia dell'influenza svedese, recepita dalla maggior parte dei customizer nostrani.

Il telaio è un rigido con forcella inclinata di 40 gradi ed il cannotto di sterzo allungato di dieci pollici. 
Altra particolarità dell'epoca era quella di montare posteriormente un grosso pneumatico da 200 mm su cerchi da 16 pollici con moltissimi raggi (in questo caso ottanta), con la trasmissione finale a catena. In quegli anni iniziarono ad apparire, almeno in Italia, i primi serbatoi dell'olio dalla classica forma  “a botticella” . L'ampio uso di alluminio billet (la OMP era leader in questo campo) e l'aumento di cilindrata nei motori 883 tramite alesaggio e pistoni Wiseco, era un must per chi voleva tirare fuori qualche cavallo dallo Sportster di serie.

Tornando al momento storico, in quegli anni in Italia si era diffusa la moda dei chopper che andò di pari passo con l'aumento delle sanzioni ed i ritiri di molti libretti in quanto gran parte delle moto erano totalmente fuorilegge.

In questo articolo si sottolinea la situazione esistente.


venerdì 28 aprile 2017

Gas aperto e....via!!!!! - Editoriale tratto da Freeway Magazine n.25 del 1996

editoriale freeway magazine italia n 25 del 1996

 

Ci sono dei momenti nella vita in cui devi guardarti dentro, capire bene quello che vuoi ed aprire il gas a manetta. Sapendo che non potrai tornare indietro.

 

Poche righe di questo tenore, aprono l'editoriale sulla foto di un motore Sportster preparato per le drag-race.

Siamo negli anni novanta: un decennio fondamentale per il successivo sviluppo del “custom”, dove le elaborazioni su base Harley-Davidson  (Sportster in particolare) aumentano a dismisura, grazie anche all'apporto fondamentale della rivista  “Freeway Magazine” che raccoglie sempre più consensi tra gli appassionati e si trova a dover gestire questa situazione anche a livello editoriale, dovendo incrementare le forze della domanda del settore.

Se a livello produttivo, nel 1996 non ci sono grosse novità riguardanti lo Sportster, tuttavia in Italia Carlo Talamo lancia l'idea del Trofeo Short-Track da fare con le 883, dopo aver compreso il ruolo fondamentale dello Sportster nella generale economia della Harley-Davidson.

Possiamo affermare che il 1996 rappresenterà l'anno in cui sarà messo, almeno in Italia, il primo mattone per la costruzione di quel prolifico futuro dello Sportster che non accenna a diminuire.
 


mercoledì 26 aprile 2017

Blondes more have a fun!!!!!

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 1

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 2

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 3

sportster all black on freeway magazine italia n 18 del 1995 pag 4

Prima che la Harley-Davidson mettesse in produzione la Iron 883, il nero sugli Sportster era quasi un'eresia, ma ogni tanto qualcuno si cimentava nella difficile operazione di far sembrare la “piccola” di Milwakee più scura della notte.

 

Rovistando tra le vecchie riviste, abbiamo trovato questo Sportster e ci è preso un tonfo al cuore. La moto è apparsa sulla rivista Freeway n.18 del 1995, riportandoci indietro a quel tempo e, come una sorta di  flashback istantaneo, gli anni novanta sono davanti ai nostri occhi alla velocità di un dragster e con il rombo di uno scarico Supertrapp.

Le preparazioni degli Sportster avevano connotati ben precisi e per lo più andavano nella direzione di un chopper a telaio rigido o di un custom con molte cromature, vernici appariscenti e motori elaborati.

Questa 883 è un palese oltraggio a quel periodo e per questo ci ha attirato. A parte il grosso lavoro per rendere nere le parti e la classica elaborazione del motore con cilindrata portata a 1200 tramite pistoni Wiseco forgiati, carburatore S&S e scarico Supertrapp, non si è in presenza di una moto che strabilia. Però riguardandola oggi, con lo spirito del tempo, fa venire qualche lacrimuccia.

Così come l'articolo scritto dal buon Luca Mattioli, dal quale traspare il fervore di quegli anni, magici per molti versi.


UP: motore nero
DOWN: filtro dell'aria


venerdì 21 aprile 2017

X-Racers

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 1

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 2

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 3

sportster street tracker on freeway magazine italia n 4 1994 pag 4

 

Nel lontano 1994 la maggior parte delle realizzazioni su base Sportster avevano spesso dei “clichè” determinati, dal momento che se ne esaltava l'aspetto custom o, al contrario, ci si orientava verso telai rigidi e lunghe forcelle. Supercycles di Nizza decise di percorrere nuove strade. 

 

Prese vita, così, il progetto della X-Racers, che richiamava molto da vicino le famose XR 750 da Dirt-Track, ma vista in chiave Hi-Tech.
In quegli anni, infatti, nascquero molte aziende specializzate nella lavorazione dell'alluminio “billet” che divenne un must su molte motociclette. Di conseguenza molti customizzatori vi attingevano a piene mani.

La particolarità di queste moto (sono due con pochi elementi di differenza) è da ricercare anche nel grande sforzo effettuato per spremere cavalli dal motore. Per montare due carburatori Dell'Orto sul lato destro, si è dovuta rivisitare la testata posteriore (dove sono state invertite le valvole di aspirazione e scarico) e degli alberi a cammes Andrews che si trovavano a lavorare in maniera differente. 

Si tratta di un ulteriore lavoro in aggiunta a quello di elaborazione del motore che vedeva il montaggio di teste a quattro candele (che la Harley-Davidson avrebbe messo in produzione solo qualche anno dopo, ovvero nel 1998) e la cilindrata portata a 1200 cc.

L'elaborazione del motore resta la parte più importante di tutto il progetto, che ha riguardato anche la ciclistica e, come detto prima, l'aspetto estetico (basti guardare diligentemente tutte le parti che sono state lucidate).
Se pensiamo che per realizzare queste moto il tempo è stato di quasi un anno......

Nell'articolo tutto il procedimento è descritto con estrema accortezza, peccato per le foto che non  inserite nel modo giusto ed incomplete.

UP: progetto innovativo per l'epoca
DOWN: le foto mortificano le due motociclette



venerdì 20 gennaio 2017

"A chi facciamo del male ?" - Editoriale tratto da Freeway Magazine Italia n.186 del 2009

editoriale di freeway magazine italia n 186 del 2009

 Proprio in questi giorni in cui si sta svolgendo il Motor Bike Expo di Verona ed è da poco partita la Battle of The Kings per la miglior customizzazione su base Sportster Roadster 1200, mi è capitato tra le mani questo vecchio editoriale che mi fa pensare non poco.....

 

Il buon Luca Mattioli, ponendo al centro delle sue riflessioni la foto di un biker che viaggiava a bordo del suo Sportster chopper con telaio rigido e forcella  “springer”, faceva notare come, forse, vi fosse dell'altro in tema di normative riguardanti le modifiche legali alle moto.
Rileggendo questo editoriale a distanza di quasi dieci anni mi accorgo che poco o nulla è cambiato Italia.

Il movimento custom sta vivendo un periodo di fermento forse senza precedenti, abbracciando non solo il settore motoristico in senso stretto, ma anche altri ambiti, diventando un vero e proprio “must”. 
Eppure, a fronte di questo notevole consenso, elaborare la moto (o la auto) senza incorrere nelle ire del legislatore è praticamente impossibile: perchè ???

Se il motivo è il rispetto degli standard di sicurezza e ambientali, siamo certi che montando delle parti regolarmente testate ed omologate in Europa il veicolo diventi pericoloso o si contravvenga alle normative ambientali ???? Forse il problema di fondo è un altro. Leggete attentamente l'editoriale. 




martedì 20 dicembre 2016

Power of Gold

sportster digger on freeway magazine italia n 5 year 1994 pag 1

sportster digger on freeway magazine italia n 5 year 1994 pag 2

 

Continuiamo il viaggio tra gli Sportster elaborati negli anni novanta e duemila  con questo “digger” costruito negli States.

 

La moto è stata costruita nel 1983, utilizzando come base un motore Ironhead 1000 proveniente da un XLCH del 1972, ma è apparsa in Europa solo dieci anni dopo.

Gli interventi sono talmente profondi e radicali, da poter parlare di costruzione di una nuova moto.

Tanto per cominciare: il motore non solo è stato trapiantato su un nuovo telaio, ma è stato smontato per intero e revisionato aumentandone notevolmente la potenza, nonché impreziosito esteticamente.

Un must nell'elaborazione dei motori Harley-Davidson di quegli anni è rappresentato dall'utilizzo del carburatore Dell'Orto a doppio corpo (quello montato sulle macchine per intenderci).

Anche il resto della moto è stata curata nei minimi dettagli, ad iniziare dalla verniciatura della moto, passando attraverso le numerose cromature e finendo con il lavoro di cesello effettuato sul molte parti del motore.

Questo stile, molto in voga in quegli anni, nemmeno a dirlo fu lanciato da Arlen Ness negli USA e prese piede anche nel vecchio continente grazie, soprattutto, ad un periodo di forte espansione economica.