Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

lunedì 23 marzo 2020

Ottime prospettive per Buell. Poi, invece......










La Bike Week di Daytona del 1998 mi fece illudere che con il marchio del “pegaso” avrei finalmente trovato la quadratura del cerchio.


Le prime Buell iniziarono a vedersi in Italia nel 1997 quando Carlo Talamo ne avviò ufficialmente l'importazione. Fino ad allora solo pochissimi avevano conosciuto questo marchio, grazie a qualche esemplare di importazione. Parliamo di persone che si potevano contare sulle dita di una mano. Da poco erano state importate le Triumph attraverso la Numero Tre e Carlo Talamo stava costruendo la fortuna del marchio inglese in Italia, ma erano gli inizi. Il mercato, a parte la Triumph Speed Triple, aveva proposto solo una “nuda” che avrebbe rappresentato il punto di riferimento in  quel segmento per molti anni a venire: la Ducati Monster (!!!!). La produzione sostanzialmente si divideva tra sportive, enduro, custom (seguendo il fenomeno Harley-Davidson tutte le case giapponesi ne proposero almeno un modello) e turistiche. Il concetto delle cafe racer si stava sviluppando, mentre quello delle “naked” era ancora allo stato embrionale. 

Sulla sorta di queste premesse le prime Buell arrivate in Italia suscitarono molto interesse, anche perchè Carlo Talamo aveva fatto vedere che gli Sportster non erano solo moto da passeggio ma ci si poteva divertire in pista, organizzando il Trofeo Short-Track e mettendo appunto dei kit dedicati.

Detto in parole povere: le Buell S1 ed M2 Cyclone erano le moto che “servivano” al mercato in quel momento

Da una parte c'era chi si iniziava a stancare del predominio Ducati (Monster) che andava avanti ininterrottamente dal 1992, rappresentando praticamente l'unica scelta. La Honda aveva iniziato la produzione della Hornet 600, ma non era una moto che “colpiva”. 

Buell invece suscitava emozioni forti sia per la storia del marchio, legata ad una dimensione artigianale di pura passione, sia per le prestazioni che promettevano, non tanto in termini di cavalli quanto invece, a divertimento puro. Per la prima volta era arrivata una moto destinata a sovvertire i canoni della sportività: grande coppia e maneggevolezza incredibile grazie a quote ciclistiche di una  “duemmezzo” sportiva. 

Carlo Talamo credeva molto in Buell ed eravamo in molti a vederla in quel modo, anche se non sapevamo cosa aspettarci per il futuro. Non appena arrivati in Italia i primi esemplari nel 1997 comprai la M2 Cyclone che per me rappresentava la quadratura del cerchio. Avrei potuto continuare a frequentare il mondo Harley (….a me per la verità interessava solo quello legato alla Numero Uno....) facendo i vari “Pallequadre” (ora Hog Inverno) ma, nel contempo, sarei potuto uscire con qualche amico con moto sportiva, magari facendo pure una scappata in pista.

Seppur Buell era stata ben accolta dalla stampa e da molte persone che gravitavano attorno a Carlo Talamo (vedasi gente tipo Marco Lucchinelli), da altri chi comprava quelle motociclette era considerato come un “mentecatto”. Ricordo un episodio che mi accadde quando nell'Aprile del 1997 andai a Misano per vedere il Mondiale Superbike. 
Mi stavo aggirando nei paddock quando trovo il box Honda e chiedo del grande Aaron Slight con l'intento di farmi una foto con lui. Indosso un gilet con il logo Buell. Gli uomini Honda mi squadrano e cominciano a ridermi in faccia dicendo mi che le Buell non valgono nulla e la moto si sarebbe rotta subito. In una frazione di secondo esplodo e li mando a quel paese quasi finendo in rissa.....

Quando arrivai a Daytona circa un anno dopo da quell'episodio, capii che dietro a Buell c'era più di quanto pensassi. Era stato organizzato un trofeo e messo a punto un kit per esso. C'erano delle persone all'interno di Harley-Davidson che si dedicavano solo ed unicamente a Buell. Iniziai a chiedere a tutti: volevo sapere di tutto e di più. Conobbi anche una ragazza dello staff Buell. La tipica americana non bellissima ma di una simpatia estrema che regalò a me ed ai miei amici la maglietta che qui vedete, con la preghiera di indossarla unicamente non appena tornati in Italia. Ovviamente dopo qualche tempo mi sdebitai mandandole, tramite l'amico Farinelli che andava ad una “convention” Harley-Davidson negli States, un pensiero. So che ne fu molto contenta. Purtroppo persi i suoi contatti. Si chiamava Jackie.
Tornato in Italia ero convinto che Buell avrebbe spiccato letteralmente il volo, ma dopo un paio di anni capii che forse non sarebbe stato così. Quando Carlo Talamo morì, nel 2002, ne ebbi la certezza. A parte alcuni appassionati e qualcuno del suo staff, era stato stato forse l'unico a credere realmente nelle potenzialità di quelle moto. Il resto è mera cronaca dei giorni nostri.