Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

giovedì 19 ottobre 2017

XR 750 "Mert Lawwill" - 1972

xr 750 mert lawwill 1972 side right

xr 750 mert lawwill 1972 side left

xr 750 mert lawwill 1972 engine

xr 750 mert lawwill 1972 front end

xr 750 mert lawwill 1972 front end

Una XR 750 molto particolare, in quanto monta un telaio che si ritiene fosse quello del celebre campione di flat-track degli anni '70, celebrato nel film di Steve McQueen “On any Sunday”.


Da poco abbiamo raccontato la storia della XR 750: un modello creato dalla Harley-Davidson appositamente per le corse.  Dopo la prima versione del 1970 con motore in ghisa e carburatore singolo, ne venne creata nel 1972 un'altra (quella di maggior diffusione) dotata di motore in alluminio e doppio carburatore sul lato destro, soprannominata “Alloy XR”.

La XR 750 che presentiamo è una di quelle con motore in alluminio, sulla quale il restauro è stato ridotto al minimo, dato che la moto era in ottime condizioni. Gli interventi hanno riguardato principalmente le sovrastrutture, usando decals e vernici originali.

Per il resto, a parte il telaio in tubi del celebre campione, non vi sono interventi di rilievo, dato che monta forcella Ceriani e doppio carburatore Mikuni. Forse l'unica difformità rispetto alla moto dell'epoca è nella scelta di utilizzare un doppio scarico alto Supertrapp.

Non si conosce il prezzo di questa XR 750, ma è ragionevole presumere che sia molto alto. Azzardiamo una cifra: superiore ai 50.000 Euro.    


martedì 17 ottobre 2017

XR 750 - 1970

harley davidson xr 750 first model 1970
XR 750 first model

harley davidson xr 750 alloy xr side right
XR 750 - Alloy XR

harley davidson xr 750 alloy xr side left

harley davidson xr 750 alloy xr picture

harley davidson xrtt 750 side right
XRTT 750

harley davidson xrtt 750 side left

Progettata per correre e vincere!


La XLR era stata un'ottima moto e si era ben difesa nelle competizioni a cui aveva partecipato tuttavia, dopo circa sette anni che era in produzione, a Milwaukee capirono che ci voleva una vera e propria moto da corsa in grado di sbaragliare la concorrenza. Lo spunto venne dato da una novità nel regolamento tecnico dell'AMA, quando fu abolito il limite di 500 cc nelle gare per i motori con valvole in testa. 

La XR 750 venne realizzata in soli quattro mesi ed apparve immediatamente sui circuiti. Fu una moto studiata e pensata appositamente per le gare, ricavata da un modello di serie: motore XLR elaborato inserito in un telaio KR del 1967. Il nome non fu scelto a caso. La X identificava il modello Sportster, mentre la R le versioni racing. 
Contrariamente alla tendenza americana, su questa moto vennero cercati più cavalli riducendo la cilindrata del motore, che passò da 883 a 750, sebbene il motore stesso rimase sostanzialmente quello dello Sportster

Infatti, rispetto al modello XL di serie, non fu cambiata nemmeno la disposizione degli organi interni al motore: albero della trasmissione davanti, cambio a quattro marce dietro, primaria e frizione alloggiati a sinistra, lubrificazione a carter a secco con pompa dell'olio sulla destra.
Il telaio, derivato dalla KR, era in tubi “highboy” di  acciaio al cromo-molibdeno da un pollice (2,54 cm) di diametro, con forcellone da un pollice e mezzo su cui lavoravano due ammortizzatori Girling.  All'avantreno una forcella teleidraulica Ceriani.

Nel corso degli anni la XR 750 subì costanti aggiornamenti.  Nella prima versione il motore fu in ghisa e montò un carburatore singolo di marca Tillotson, ma ben presto si dovette intervenire. Sebbene il motore a corsa corta fosse la configurazione ottimale nella ricerca delle prestazioni,  sorsero comunque problemi di affidabilità dovuti sia al surriscaldamento dei cilindri a causa di una ridotta alettatura di raffreddamento degli stessi, sia all'albero motore. Inoltre la moto  si rivelò ben presto molto più lenta della vecchia KR 750 a valvole laterali.  Alcuni corridori tentarono di risolvere il problema montando fino a quattro radiatori dell'olio, ma furono tentativi vani. L'esordio alla 200 miglia nel 1971 fu terrificante e quasi tutte le XR si ritirarono. A Milwaukee corsero ai ripari incaricando Dick O'Brien di intervenire sui motori rendendoli più affidabili ma anche più potenti (inizialmente sviluppavano 62 cv a 6200 giri). 

Nel 1972 il nuovo motore vide la luce.
La novità più importante fu l'ampio utilizzo della lega di alluminio che sostituì quasi integralmente la ghisa (di qui il soprannome della moto “Alloy XR”). Altre importanti novità riguardarono l'aumento delle alette dei cilindri (diventate dodici), che consentì un miglior raffreddamento.  Furono ridisegnate le testate,  fissate ai cilindri attraverso lunghi prigionieri che partivano dal basamento, vennero utilizzate valvole dal diametro più piccolo inclinate tra loro di 68 gradi, invece dei precedenti 90. Il rapporto di compressione aumentò, arrivando a 10,5:1, così come il regime di rotazione, grazie all'utilizzo di bielle più corte che permisero di diminuire ulteriormente la corsa del motore a favore dell'alesaggio. Due carburatori Mikuni da 36mm con valvola a ghigliottina presero il posto di quello singolo. Una caratteristica della XR 750, in questa evoluzione, fu il montaggio da parte di alcuni piloti di due impianti di accensione che potevano funzionare in maniera indipendente uno dall'altro attraverso un pulsante sul manubrio. Ogni impianto agiva sulla coppia di candele (una per cilindro). Uno era a magnete, mentre l'altro funzionava con una piccolissima batteria. Attraverso questo piccolo espediente si poteva intervenire sull'erogazione del motore per renderla più renderla più dolce o aggressiva, a seconda delle necessità e degli stili di guida. In questa prima evoluzione il motore in alluminio arrivò a poco più di 70 cv a 7.600 giri. Ben pochi rispetto alla precedente unità in ghisa......
Si decise ancora una volta di intervenire. Ben presto si raggiunsero gli 80 cv per poi arrivare, nel 1975, al limite dei 90 cv a 9000 giri, con un peso di 134 kg.

La XR 750 non solo fu una delle icone da corsa Harley-Davidson, ma si rivelò moto particolarmente longeva ed ampiamente utilizzata sugli ovali in terra battuta per quasi quarant'anni (!!!!!!)

La XR 750 è anche la moto immortalata nel celebre film di Steve McQueen “On any Sunday”, guidata da Mert Lawwill,  icona delle gare di flat-track per molti anni con Jay Springsteen e protagonista di follie su due ruote con il più famoso stunt-man Evel Knievel.
Il suo utilizzo però non venne limitato agli sterrati, ma anche ai circuiti asfaltati, attraverso appositi adattamenti.  Questa versione venne denominata XR-TT.



giovedì 12 ottobre 2017

Sportster XLCH - 1968

sportster xlch 1000 my 1968 new color military green side right

sportster xlch 1000 my 1968 new color military green side left

sportster xlch 1000 my 1968 new color military green

sportster xlch 1000 my 1968 old paint side right
Before new life

Un Ironhead 1000 viene riportato all'originario splendore dentro al garage di casa!


In questi ultimi tempi ampio spazio è dedicato alla storia dello Sportster, da quando è uscito dalla catena di montaggio, fino ai giorni d'oggi.
Ci occupiamo, quindi, anche di qualche restauro ben eseguito, sebbene non conforme in tutto e per tutto all'originale. Moto che ridotte veramente male che hanno trovato nuova vita. 

Uno dei principali problemi, specialmente nel vecchio continente, è sia la reperibilità di molte parti di ricambio per alcune moto, al fine di avere un restauro che corrisponda alla versione originale. La questione praticamente non si pone per i motori Evolution, di cui vi si possono trovare una quantità di ricambi impressionante. Per i vecchi Ironhead il discorso cambia

Questo XLCH è stato smontato completamente, a causa delle brutte condizioni in cui si trovava e della volontà del proprietario di portarla a nuovo. Il telaio, così come il serbatoio dell'olio, il filtro dell'aria, lo scarico ed altre parti, sono state verniciate a polvere. Il cerchio posteriore è stato raggiato nuovamente, mentre l'anteriore è stato sostituito con un altro non più in lega, ma a raggi anche questo.

Il motore, sebbene funzionasse senza problemi, aveva i suoi anni e diversi chilometri sulle spalle, per cui sono stati sostituiti pistoni,  valvole e lavorate le teste. La sella singola marrone ed una verniciatura verde oliva-militare, seppur non corrispondente all'originale, hanno completato l'opera. 

Purtroppo non si hanno notizie sulla cifra spesa per il restauro, ma pare non sia elevata.
  



martedì 10 ottobre 2017

XLH - 1958/1972

sportster xlh 1958 blue and white

sportster xlh 1958 red and white side right

sportster xlh 1958 red and white side left

sportster xlh 1971 boat tail blue side right
XLH 1971 boat tail

sportster xlh 1971 boat tail green side right
XLH 1971 boat tail

sportster h logo

sportster xlh 1958 adversiting

La versione più potente della XL da cui nacque la CH.


Una trattazione a parte deve essere effettuata per la XLH, anche a causa del fatto che rimase in produzione molto a lungo. 
La moto prese vita quando a Milwaukee decisero di incrementare la potenza alla XL. Ciò avvenne attraverso una serie di interventi come  l'aumento del rapporto di compressione dagli originari 7,5:1  a 9:1, del diametro delle valvole e l'adozione di punterie più leggere. Venne montato un cambio più robusto ed una frizione in bagno d'olio. Queste soluzioni fecero aumentare la potenza del 12%. 
Nel 1957 la moto aveva circa 40cv che divennero 45 nel 1958. 

Il nuovo motore fu chiamato Sportster H, grazie ad un'idea del marketing, per differenziarlo dal semplice motore dello Sportster.  Da qui prese il nome XLH

La nuova XLH era una moto minimalista, destinata a far sognare le giovani generazioni. Durante un arco di tempo di circa dieci anni subì piccoli ma costanti  interventi. Dal 1958, vennero create diverse versioni dello Sportster, contraddistinte da differenti lettere. La C indicava una versione scrambler con ruote tassellate (di cui si poteva scegliere la misura al momento dell'acquisto), la lettera H, come detto, indicava il nuovo motore più potente, mentre la R era riferita alle versioni racing. 

Vi furono, così, numerosi modelli e sigle, a seconda del tipo di motore montato e della connotazione: XL, XLH, XLC, XLCH ed XLR XLR di cui abbiamo già parlato.

Tra il 1970 ed il 1971 la XLH venne presentata con un rivoluzionario parafango posteriore chiamato  “boat tail”, il cui design era ispirato al mondo nautico, creato da Willie G. Davidson  (montato anche sulla Super Glide), ed abbinato ad un faro tondo di chiara ispirazione automobilistica. Queste modifiche cambiarono la linea dello Sportster drasticamente, rappresentando il primo esempio di customizzazione realizzato direttamente dalla Company
La nuova linea non incontrò il successo previsto e di XLH ne furono prodotte meno di 4000 esemplari (contro i 6800 della XLCH prodotte nello stesso anno). 

Il 1972 fu un anno molto importante per lo Sportster, in quanto venne portata la cilindrata a 1000 grazie all'alesaggio maggiorato. La potenza salì a 61 cv con una velocità massima di poco inferiore ai 190 km/h. Tale scelta fu fatta per competere con la concorrenza inglese e giapponese, ma la moto restò comunque vecchia, con notevoli vibrazioni e molto faticosa da guidare. Nonostante fosse stato introdotto il freno a disco, l'evoluzione fu talmente lenta che si cercò in qualche di correre ai ripari. Inoltre altri problemi afflissero la Company. I famigerati sixties,  gli anni della ribellione giovanile, finirono. La moto cambiò improvvisamente pelle diventando un mezzo affidabile non più solo per determinate categorie di persone. A questo cambiamento contribuì molto l'industria giapponese con i suoi quattro cilindri estremamente potenti, ma altrettanto affidabili, che necessitavano di pochissima manutenzione. In breve tempo le Harley-Davidson diventò la moto dei  “delinquenti” e dei poliziotti.  

Dal 1957 al 1972 vennero costruite 82.300 Sportster e, ben presto, altre novità avrebbero riguardato questa moto......


venerdì 6 ottobre 2017

Doppelgangar WL Style Sportster

harley davidson wl sportster black and white side right

harley davidson wl sportster black and white side left

harley davidson wl sportster black and white engine

Molto simile alle Harley-Davidson WL 750 degli anni'40, questo Sportster mischia un sapore retrò con qualche elemento moderno.


La Harley-Davidson WL 750 è la versione civile e meno conosciuta della celebre WLA in dotazione all'esercito americano e molto utilizzata in occasione della Seconda Guerra Mondiale. Molte WLA sono state trovate nel vecchio continente, contrariamente alla versione civile, divenendo nel tempo veri e propri oggetti di culto.

Qualche Harley-Davidson elaborata in stile WL/WLA si è vista negli anni ma non vi è stato un vero e proprio filone custom che ha coinvolto professionisti del settore.

Tempo addietro vi avevamo proposto un bellissimo Sportster costruito in chiave WLA,  ora mostriamo questa bella realizzazione proveniente dall'Inghilterra ed ispirata, invece, alla versione civile.

Un lavoro importante che ha avuto come base uno Sportster 1200 del 2003 completamente smontato, di cui non si è tenuto praticamente nulla. 

Come si può notare nemmeno il telaio è originale, sostituito con uno di tipo rigido, abbinato ad una forcella di tipo “Springer”,  due cerchi da 16 pollici ed enormi parafanghi. Gli elementi di modernità molto visibili sono forniti dai due grossi dischi del freno e dalle relative pinze, dal cambio a pedale, dalla corona sulla quale si muove la catena invece della tradizionale cinghia e da qualche altro dettaglio.

Per il resto si tratta di un'ottima realizzazione e molto curata, anche se avremmo optato per un'altra verniciatura. La domanda che ci si pone è perchè il filone WL non sia mai esploso all'interno delle customizzazioni su base Harley-Davidson. Probabilmente perchè vi è poca libertà di espressione sul tema.

UP: progetto molto curato
DOWN: alcuni visibili elementi di modernità e verniciatura impersonale

martedì 3 ottobre 2017

XLR - 1961

harley davidson xlr 1961 red side right

harley davidson xlr 1961 red side left

harley davidson xlr 1961 red front right angle

harley davidson xlr streamliner at bonneville with cal rayborn
XLR streamliner and Cal Rayborn at Bonneville

E' tempo di record!


Si trattò di una versione più esasperata della XLCH, nata ad opera del reparto corse per le gare da dirt-track. 

Questa moto si differenziò dalle precedenti H, il cui sviluppo era iniziato nel 1958, per alcuni aspetti che ne esaltavano lo spirito racing. 

Fu adottato lo stesso telaio della KR, ma irrobustito con due tubi nella parte in prossimità del cannotto di sterzo. Gli ammortizzatori, come sulla KRTT, erano stati montati appena dietro alla sella. Il gruppo termico in ghisa venne alleggerito attraverso dei fori fatti a mano.  Il magneto spostato davanti al cilindro anteriore, al posto della dinamo, invece che sul carter destro. Si intervenne su alberi a camme, teste, volani, pistoni e valvole diverse. 
La moto sviluppò quasi 80 CV su 136 chili. Rimase in produzione fino al 1969. 

Nel 1970 Cal Rayborn stabilì il record di velocità di 427 km/h sul lago salato di Bonneville con lo streamliner. 

venerdì 29 settembre 2017

Tropical Sportster cafe racer

tropical sportster cafe racer side left

tropical sportster cafe racer side right

tropical sportster cafe racer tank

tropical sportster cafe racer engine

Ispirato alle realizzazioni di “mostri sacri” del custom come Deus e Wrenchmonkees, questo Sportster rappresenta l'essenza minimalista cafè.


Serbatoio, manubrio e sella sono gli elementi fondamentali che bisogna scegliere con cura, per avere un'ottima cafe-racer. Quando si azzecca la combinazione di questi componenti la realizzazione sarà più che buona, anche se difetterà in qualche altro aspetto. 

Nel modificare questo Sportster del 1990 si è proprio partiti da questo principio.

Il serbatoio artigianale, i semi-manubri e la sella singola danno l'impostazione di guida caricata in avanti, oltre a donare alla moto un aspetto “old”. Si deve poi aggiungere il grosso lavoro effettuato sul telaio, che ha comportato un riposizionamento della batteria, il montaggio di un serbatoio dell'olio realizzato a mano ed il rifacimento dell'impianto elettrico, ora semplificato. 

L'assenza di verniciatura mette in mostra il metallo vivo, conferendo allo Sportster un aspetto ancor più artigianale e minimalista, esaltando le lavorazioni fatte a mano, come le pedane arretrate, lo splendido scarico alto e numerosi altri particolari quali, ad esempio, il porta batteria.

Sebbene imposto dalla filosofia costruttiva di questo Sportster, è da criticare ancora un volta la scelta di segare il telaio posteriormente.  


UP: abbinamento sella-serbatoio-manubrio

DOWN: i pneumatici Firestone