Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.
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mercoledì 13 marzo 2019
mercoledì 6 marzo 2019
Ironhead Sportster drag-tracker
Non si conosce la storia di questa moto, ma sono sicuro che si tratti di una intuizione e di niente progettato a tavolino o, peggio ancora, al CAD. Certamente non deve essere stato facile costruire questo Sportster, dal momento che si è dovuto smontare pezzo per pezzo l'esemplare originale. Il motore ha uno scarico “home made” due-in-uno ed è stato montato un carburatore Weber a doppio corpo con il collettore che “spara” verso l'alto unitamente a cornetti di aspirazione incastonati in una parte del piccolo serbatoio. Per far risaltare maggiormente il vecchio Ironhead, si è pensato di lucidare tutto il motore.
Il telaio non solo ha subito gli interventi più evidenti nella parte posteriore, ma è stato lavorato anche nella zona del cannotto di sterzo. Grazie alla lavorazione del telaio nella parte posteriore, è stato possibile abbinare un forcellone di nuova concezione abbinato ad un mono-ammortizzatore Sachs che lavora centralmente come sulla maggior parte delle moto di moderna concezione.
La scelta di un cerchio posteriore da 15 pollici (prelevato da una Ford del 1932....) è abbastanza inusuale anche se risponde a logiche dell'Hot-Rod, mentre rientra nella quasi normalità l'adattamento di una forcella proveniente da una Honda CBR900.
Bellissimo il pinstriping effettuato sul serbatoio, così come l'alloggiamento dei cornetti di aspirazione del carburatore Weber. I pneumatici Firestone contribuiscono notevolmente all'aspetto aggressivo di questo Ironhead 1000.
venerdì 22 settembre 2017
Sportster Ironhead by Vibrazioni Art Design!
Romba come una miriade di tuoni. Vibra come un terremoto del più alto grado della scala Mercalli. Emoziona come un arcobaleno dopo la pioggia battente.
Chi ha seguito “Lord of The Bike” non può non conoscere questi ragazzi che amano dar forma a vecchi fusti di olio e carburante riciclati con cui costruiscono sovrastrutture di motociclette e ne ricavano arredi di design. Si tratta di un lavoro lungo ed emozionante, così come emozionanti sono state da sempre le loro creature. A parte le varie Moto Guzzi trasformate per la serie televisiva di cui sopra, vi sono altre moto come la Ducati Scrambler, denominata “SC-Rumble”, che lasciano senza fiato.
La storia di questo Sportster è abbastanza particolare. La moto apparteneva ad un certo Paolo Bergamaschi che l'aveva poi venduta a Roberto Ungaro, direttore responsabile della rivista Riders, ma si trattava di una moto praticamente da flat-track. Per festeggiare i 110 anni della Harley-Davidson, la moto di Ungaro finisce nelle mani dei ragazzi di Vibrazioni Art Design, che la trasformano totalmente, tirandone fuori questo ordigno.
Fermo restando che, sebbene non si sappia se la moto in origine fosse una XLCR oppure una XLCH, e ritenendo l'opera di trasformazione di uno dei due modelli una vera e propria follia senza senso, tanto sono rari e ricercati, va fatto tuttavia un plauso per l'ottimo risultato finale.
Il primo passo per il progetto finale è stato quello di smontare il motore dal telaio e far diventare quest'ultimo rigido saldando una triangolazione rigida in tubi di acciaio al posto del forcellone oscillante. E' stato abbassato l'avantreno in modo da avere un effetto rasoterra e sono stati montati due semi-manubri ricavati al tornio. Dopo un lungo lavoro di battitura dei bidoni si è ottenuto il codone, montato senza sella ne la minima parvenza di imbottitura, serbatoio e cupolino (per quest'ultimo l'ispirazione è stata fornita dal cupolino di una Ducati 999).
Il motore è stato montato senza alcun intervento mantenendo la ruggine accumulata negli anni, oltre al carburatore Dell'Orto da 40mm ed il filtro dell'aria Amal. I vecchi scarichi sono stati sostituiti con due collettori cortissimi.
Per i 110 anni della Harley-Davidson questa era la moto più appropriata. Una moto rozza, selvaggia e poco domabile, che può essere creata ed appartenere solo ad uno spirito veramente libero. E nell'immaginario collettivo le moto di Milwaukee sono proprio così.
Ho scelto di proporla dopo quasi cinque anni dalla sua creazione come provocazione a tutte quelle moto anonime prodotte da grandi case motociclistiche.
UP: progetto in se stesso
DOWN: il modello da elaborare utilizzato
giovedì 18 maggio 2017
Dalla Russia con amore!!!! - XLH 1000 del 1972
In un'epoca in cui molte moto sono pensate, studiate e costruite al computer, impressiona trovare chi forgia ancora il metallo alla vecchia maniera.
Ed impressiona ancora di più sapere che ci sono ancora dei visionari che utilizzano vecchi Ironhead 1000 per le loro elaborazioni, invece dei più affidabili Sportster Evolution o di qualche moto di ultima generazione.
Se poi pensiamo che qualcuno di questi visionari possa venire dalla lontana e fredda Russia abbiamo l'esatta dimensione di quanto realizzato, perchè da poco tempo, oltretutto, nell'Unione Sovietica le Harley-Davidson non sono bandite.
La bellezza di questo XLH del 1972 è che è stato costruito quasi interamente a mano. Salvo telaio ed ammortizzatori e ruote.
Stupiscono per la forma inusuale il parafango anteriore ed il serbatoio della benzina, ma sono tantissimi i particolari che attraggono, così come il doppio scarico parallelo che passa sotto il telaio.
Impossibile identificarla in maniera netta con qualche stile: un mix tra un cafe racer ed un dragster, coniando il nuovo termine di CAFE-DRAGSTER.
Questa XLH, così concepita fa parte di quel tipo di moto che vorremmo vedere più spesso in giro.
UP: parafango anteriore
DOWN: doppio ammortizzatore
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martedì 6 dicembre 2016
Knick Knack Chop XLCH
Una moto tanto inutile, quanto affascinante, che in Italia sarebbe destinata in qualche salotto. Invece in Giappone la usano quasi quotidianamente.
Di stili e tendenze se ne stanno scoprendo all'infinito e, forse, siamo solo all'inizio di una nuova era del custom che porterà, almeno in alcuni paesi, a sperimentare ancora nuove soluzioni.
L'ultima, in ordine di tempo, è questa XLCH del 1967, costruita dai maestri di Hide Motorcycles, che viene inquadrata tra i “drag-chopper”. Il termine (come dice la parola stessa) fa pensare ad una commistione tra elementi tipici dei dragster ed altri dei chopper anche se, a parte la forma bassa e lunga della moto, il telaio rigido e due scarichi cortissimi, altro non viene in mente, perchè il motore è il caro, vecchio, Ironhead di serie, sul quale sono stati solo montati due carburatori.
Probabilmente anche in Europa prima o poi vedremo customizzazioni simili, anche se resteranno moto da presentare ai bike show. Ma vi immaginate ad utilizzare simile mezzo tutti i giorni per andare al lavoro, magari in una città come Roma, accendendolo alle 6 di mattina dentro il garage di qualche via del centro, per poi partire a manetta tra le mille voragini che presentano le strade della città eterna ???
sabato 3 dicembre 2016
Sportster dragster by BGK
Il Giappone offre una diversa filosofia di vita, rispetto a gran parte dei paesi occidentali, da tutti i punti di vista. Come visto anche il custom non sfugge a questa regola e nemmeno le moto estreme come i dragster.
La parola “dragster” fa venire in mente mezzi dalla forma simile a quella di un missile, bassi e lunghi, altamente tecnologici, con una esasperazione meccanica quasi incontrollabile.
Qualche customizer ha iniziato a sviluppare anche uno stile “dragster”, attraverso moto molto performanti, andando così ad esplorare nuove tendenze.
Ovviamente non sono moto da utilizzare tutti i giorni nel tragitto casa-ufficio.
Il bello di questo dragster su base Sportster è l'artigianalità del mezzo che traspare da ogni dettaglio.
Le sovrastrutture sono state tutte realizzate appositamente lavorando il metallo e gli interventi sul motore hanno beneficiato di soluzioni arcaiche, come il carburatore Weber a doppio corpo oppure i cortissimi collettori di scarico.
Questa moto può far perdere la testa, poichè rimanda ad un concetto essenziale del motociclismo e della velocità, purtroppo dimenticato ai giorni d'oggi.
E la scuola nipponica del custom sta facendo sempre più proseliti nel vecchio continente......
mercoledì 27 luglio 2016
Alpaca: Sportster ironhead turbo !
Un Ironhead 1000 portato a nuova vita e trasformato in una belva da strada, in grado di togliersi anche qualche soddisfazione sul quarto di miglio.....
L'utilizzo di turbine nel settore custom si sta diffondendo in maniera lenta ma inesorabile, sebbene non si debba parlare ancora di “must” o “moda” in questo senso. Diversi preparatori ne stanno scoprendo gli indubbi vantaggi (http://www.1957legend.it/2016/06/aria-nuova-sportster-turbo.html) , seppur con qualche difficoltà da superare in ordine alla messa a punto ed ai costi di elaborazione.
Anche la produzione motociclistica di serie sembra che stia andando in questa direzione.
Qualche azienda, inoltre, sta iniziando a proporre dei veri kit di elaborazione con il turbo (http://www.1957legend.it/2016/06/turbo-kit-accelerazioni-brucianti-per_8.html).
I fratelli Del Prado, meglio conosciuti nell'ambiente come “Dp Customs” scelgono di utilizzare una turbina per elaborare questo Ironhead 1000 in chiave hot-rod-dragster, facendolo alla loro maniera.
La moto viene smontata completamente ed il motore ricostruito attraverso l'utilizzo di pistoni forgiati, nuove molle e valvole.
Per montare la turbina è necessario effettuare degli adattamenti sia al carburatore Mikuni, che allo scarico (che viene interamente costruito a mano).
Successivamente il motore viene alloggiato su un nuovo telaio di tipo “hardtail”, differente nella geometria rispetto a quello di serie, sul quale spicca uno degli elementi distintivi dei fratelli Del Prado: il cerchio posteriore lenticolare, proveniente da una automobile, da 15 pollici di diametro, abbinato ad un cerchio anteriore da 19 pollici.
A ben guardarla, la moto però manca di qualcosa. La causa è nel telaio estremamente lungo e nel vuoto tra la trave di chiusura del telaio nella parte posteriore ed il grosso cerchio lenticolare. La moto è disarmonica ed offre sensazione (errata!) di trovarsi davanti non ad un'unica idea, ma a due progetti differenti, poi uniti.
UP: il grosso cerchio posteriore lenticolare di derivazione automobilistica
DOWN: la batteria troppo a vista
mercoledì 23 gennaio 2013
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