Harley-Davidson Sporster: la storia, le special e la pubblicità. Una sezione dedicata alle Buell motorizzate Harley-Davidson.

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martedì 3 maggio 2016

SP 15



 

Impronta brat/bobber con aggiunta di elementi da street tracker che danno vita ad uno Sportster concepito secondo la visione di Hide Motorcycles.

 

Il Giappone è un mondo a parte. Lontano anni luce dalla visione occidentale, sebbene con la globalizzazione alcune distanze a livello culturale si stiano riducendo.  Anche nel settore custom questa differenza, rispetto alla cultura occidentale, è tangibile. Basti pensare all'ormai decantato “japan style” in tema di chopper, che ormai sta diventando tanto di moda in Italia e facilmente riconoscibile.

Lontano anni luce dalla concezione occidentale di street-tracker, questo Sportster offre un nuovo punto di vista sul tema.  Telaio abbassato all'inverosimile, grossi pneumatici, struttura minimalista, forma sostanzialmente snella,  sono elementi tipici di moto “bobber” dal sapore “brat”.  L'aspetto generalmente aggressivo, il largo manubrio, la coda corta e lo scarico doppio (Supertrapp) che esce alto su un lato, caratterizzano invece le street-tracker, moto nate per correre sulle strade del centro abitato che debbono avere, quindi, degli espliciti richiami al mondo racing attraverso l'utilizzo di parti specifiche.

Sembra che attraverso questo Sportster il noto preparatore giapponese abbia voluto offrire una nuova visione di motocicletta nata per il contesto urbano. Da notare che il motore (883 del 2002), a parte un filtro dell'aria aperto e lo scarico, non ha subito alcuna modifica, per privilegiarne l'affidabilità.
Anche la ciclistica è rimasta praticamente di serie, salvo gli interventi necessari per ottenere un  assetto  “low”. Gli stessi pneumatici Firestone, sono stati montati su cerchi originali (da 19 pollici quello anteriore e da 16 pollici quello posteriore).
Il richiamo al mondo racing quindi è solo visivo.

Ci si chiede quindi se ci si trovi innanzi ad una motocicletta di ispirazione bobber oppure, al contrario, si debba parlare di street tracker. Sebbene l'impronta di base faccia ad un bobber, siamo dell'idea che si tratti di un diverso modo di concepire una street-tracker.
Poichè diverse saranno le opinioni su questa moto, l'abbiamo inserita sia tra "street-tracker", che tra le "brat" e le "bobber".

UP: una nuova visione del tema street-tracker

DOWN: la verniciatura di base bianca non esalta la moto



giovedì 7 aprile 2016

883 Iron Scrambler



 

Montare un codone replica del famoso  “boat tail” su uno Sportster scrambler-tracker è un'idea che potrebbe far storcere il naso a molti puristi. Non quando, però, si deve semplicemente lodare il risultato finale.......

 

Nel lontano 1970, grazie ad una di quelle intuizioni di Willie G. Davidson che lo renderanno famoso negli anni, sulla XLH (ed anche sulla Super Glide) verrà montato il famoso  “boat tail”, un rivoluzionario parafango posteriore, dotato di faro tondo,  che prenderà questo nome dal mondo della nautica, dal quale è stata tratta l'ispirazione. Il “boat tail”  cambierà le forme dello Sportster drasticamente,  rappresentando un primo esempio di customizzazione operato direttamente dalla Harley-Davidson.
Date queste premesse, l'idea di montare questo parafango su una moto con ruote artigliate può risultare alquanto bizzarra. Nella Capitale, invece, sono riusciti a trovare la quadratura del cerchio grazie ad una armonia dell'insieme, resa possibile anche dall'utilizzo di una verniciatura nero-lucida, abbinata ad alcune parti del motore.

UP: armonia dell'insieme ed ottima idea di utilizzare il “boat tail”

DOWN:  accanto al nero-lucido (dominante) ed il grigio ci sarebbe voluto un colore più acceso in modo da esaltare le qualità costruttive di questa moto.









sabato 2 aprile 2016

883 Tracker





Semplicemente tracker. Questa Sportster è apertamente ispirata alle gare da Dirt Track degli anni sessanta e settanta.

 

Oltre che per il chiaro riferimento al dirt track degli anni passati, questa 883 ha colpito per la semplicità dell'insieme ed alcuni particolari che sono sembrati azzeccati come la verniciatura di ispirazione Scremin'Eagle e gli scarichi Supertrapp alti.

UP: verniciatura e scarichi Supertrapp

DOWN: i pneumatici Avon Speed Master che non sono indicati per una tracker



mercoledì 17 febbraio 2016

Iron Lung: il "polmone di ferro"!!!!!








Uno Sportster da corsa, costruito con uno sguardo alla cultura racing  star and stripes degli anni settanta, che potrebbe prendere parte immediatamente a gare per moto di endurance di quel periodo.

 

Sarebbe interessante sapere se il risultato finale corrisponde in pieno al progetto iniziale, perchè Iron Lung ha connotati  sportivi, che però stonano con un'impostazione decisamente racing del mezzo.
Lo stesso nome (decisamente inusuale per una motocicletta) forse vuole indicare in maniera chiara e netta che si tratta di un mezzo ispirato alle corse, ma non così estremo per quanto riguarda il motore che è praticamente di serie.
Tralasciando questi amletici dubbi, non si può non ammirare il lavoro effettuato sullo Sportster del 1991 dalla azienda di Portland.
Ci sono molti aspetti di questa moto che colpiscono. Possiamo parlare dei due serbatoi incastrati e sovrapposti come se fosse uno solo (quello anteriore contiene la benzina, quello vicino alla sella l'olio motore che lubrifica il gruppo termico attraverso due tubazioni rigide esterne) e della batteria montata posteriormente come le moto da corsa.
Ma colpisce anche la scelta, discutibile, di adottare due grossi pneumatici Avon montati su cerchi lenticolari di provenienza Harley-Davidson Fat-Boy ( si era pensato anche a cerchi GSX-R e Vrod ma erano troppo moderni),  la verniciatura oro e bianco con grafiche anni settanta ed il lavoro effettuato sulla parte posteriore del telaio, per caricare la seduta del guidatore più indietro. Sulla ciclistica si è lavorato in modo da abbassare la moto il più possibile sia anteriormente che posteriormente, utilizzando  una forcella Wide Glide su piastre in alluminio billet ricavate dal pieno e due ammortizzatori Progressive Suspension.
Come detto, il motore non ha subito praticamente modifiche, se si eccettua un kit di pistoni Wiseco in grado di portare la cilindrata dagli originari 883 a 1200 e due scarichi Supertrapp che escono alti sul lato destro, sullo stile delle moto da flat-track.
Poco dopo essere stata costruita ha avuto un test sul circuito di Southern Oregon e, viste alcune scelte a livello ciclistico, non sorprende che si sia rivelata non proprio facile da guidare.

UP: alcune lavorazioni come i due serbatoi incastrati e sovrapposti nella parte anteriore, la batteria a vista sul codone, il lavoro sulla parte posteriore del telaio e le grafiche racing anni settanta.
DOWN: l'adozione di grossi pneumatici Avon su cerchi Fat-Boy, gli scarichi Supertrapp che escono posteriormente dalla sagoma della moto. Su una moto del genere si sarebbe dovuti elaborare maggiormente il motore. 





domenica 14 febbraio 2016

Storz on Sportster!!!!










Il primo kit cafe racer dedicato allo Sportster arriva dalla azienda americana Storz. La rivista italiana Classic Bike, nel lontano 1994, dedica un ampio servizio.


L'articolo è stato intitolato “American Dream”: il sogno americano. Il primo Sportster 883 Evolution, seconda serie, (dotato di cambio a cinque rapporti e trasmissione finale a cinghia) viene equipaggiato con i componenti Storz ed abbinato alla Dodge Viper. Titolo ed accoppiamento sono del tutto inappropriati, però le foto sono bellissime e rendono pieno merito al kit in alluminio commercializzato dalla Numero Uno, società importatrice e distributrice delle moto americane nel periodo a cavallo tra la metà degli anni '80 e la fine degli anni '90.
Il kit si compone del serbatoio in alluminio lucidato e battuto a mano, secondo la artica arte del battilastra, codone in vetroresina e pedane in alluminio ricavato dal pieno.
La moto oggetto del servizio ha anche interventi al motore che riguardano alberi a cammes e centralina della Scramin'Eagle (il reparto corse della Harley-Davidson) ed il montaggio di uno scarico Supertrapp due-in-uno. Tutti componenti venduti e garantiti dalla Numero Uno.
Si tratta di un'ottima moto, fedele ai canoni della Numero Uno: pochi e ben mirati interventi, riguardanti in molti casi anche il motore, senza apportare modifiche irreversibili alla moto ricercando, nel contempo, una sensazione di lusso, offerta da parti lucidate e cromate messe al punto giusto, abbinate ad una verniciatura di sicuro effetto.  Seguendo questi canoni lo Sportster Storz preparato dalla Numero Uno, pur essendo una cafe racer, è lontano dalle moto estreme che poi sono seguite nel corso degli anni.
Le foto e l'impaginazione esaltano ogni aspetto della moto, così come evidenziano l'alta qualità delle lavorazioni effettuate.

UP: l'alta qualità del kit Storz e la meticolosità della Numero Uno nel confezionare un vero e proprio kit, intervenendo anche sul motore.
DOWN: sebbene il servizio sia del 1994 ed all'epoca le cafe racer erano ad appannaggio di pochi, avrebbero dovuto montare dei semi-manubri al posto del drag-bar ed un parafando anteriore molto corto in luogo di quello avvolgente della foto.

 


lunedì 8 febbraio 2016

Sportster 883 Evolution: quale ?



Avendo la possibilità' di scegliere tra diversi tipi di Sportster 883 Evolution: quale sarebbe  la scelta più indicata ?  1991-2003,  2004-2006 a carburatore o post 2006 ad iniezione ? Di seguito analizziamo pregi e difetti delle tre tipologie cercando di offrire un consiglio in tal senso, considerando che tutti gli Sportster hanno motori affidabilissimi, di una longevità' disarmante. Il sottoscritto ha posseduto tutte e tre le versioni (l'ultima comprata e' quella ad iniezione), utilizzandole parecchio. 

Iniziamo dalla versione del 1991, la versione che ha beneficiato del cambio a cinque rapporti e la trasmissione finale a cinghia dentata.
Questa versione e' la più' leggera e semplice, nonché' la più' facile da modificare nel motore. Ma e' anche la più' scorbutica. I freni praticamente non esistono e le vibrazioni si sentono moltissimo, obbligando a fare soste ogni cento chilometri i caso di viaggi, anche a causa del serbatoio peanut da 8,5 litri montato di serie. Si tratta di una moto rozza non adatta a tutti a causa delle good vibrations tanto care agli harleysti duri e puri. Rispetto ai modelli successivi la manutenzione e' abbastanza frequente, poiché' i tagliandi vanno effettuati ogni quattromila chilometri.
Ho avuto questa versione dal 1992 al 1997, percorrendo quarantamila chilometri senza praticamente un problema, se si eccettua due o tre volte la rottura della staffa di attacco al telaio del serbatoio dell'olio. Situazione causata probabilmente dalle elevate vibrazioni. A parte ciò' nessun altra seccatura, sebbene il motore avesse subito delle modifiche unitamente alla ciclistica.
Nello specifico: era stata montata una centralina Screamin' Eagle, che innalzava il regime di giri massimo del motore di circa duemila giri, degli alberi a cammes sempre della Screamin' Eagle, con un diagramma di apertura ed alzata delle valvole leggermente superiore a quello originale, in modo da mantenere l'erogazione del motore simile a quella del motore di serie. Una maggiore apertura delle valvole comporta una maggior compressione della miscela gassosa all'interno del cilindro, rendendo il motore più' potente ma anche più' scorbutico. Un maggiore tempo di apertura delle valvole aumenta la coppia erogata. Poiché' l'utilizzo dello Sportster per me e' sia urbano che extraurbano, ho ritenuto opportuno avere un motore non troppo spigoloso e con maggior coppia. Il tutto e' stato abbinato ad uno scarico Supertrapp due-in-uno ed un filtro dell'aria Hypercharger della Kuryakyn, montato sul carburatore Kehin originale.
La ciclistica, invece, ha beneficiato di molle più' dure nella forcella,insieme ad un olio più' viscoso ed una piastra antisvirgolo. E' stato poi cambiato i freno anteriore con un disco semirigido delle stesse dimensioni ed una pinza a quattro pistoncini della Performance Machine. Con queste modifiche la mia 883 era divertentissima da guidare e consumava anche meno. Il motore aveva un andamento ancor più' zoppicante ed una sound di scarico baritonale che regalava emozioni. Nota dolente la frenata, pur se migliorata dal nuovo impianto.

Complessivamente una moto dura e selvaggia non adatta a tutti, soprattutto per le forti vibrazioni, tanto care agli harleysti, ma invise al semplice motociclista.

La Sportster 883R del 2005 a carburatore (il nuovo tipo con telaio modificato e motore montato su supporti elastici) e' forse il miglior compromesso tra sensazioni ed utilizzo, nonostante l'aumento del peso di circa cinquanta chili rispetto alla precedente versione. 

Le vibrazioni si sentono molto meno senza, per questo, rinunciare alle sensazioni offerte dall'andamento zoppicante del motore. Le nuove modifiche al telaio permettono di viaggiare per molto tempo, a velocita' autostradali, senza il minimo fastidio, se non quello offerto dall'esposizione all'aria. La moto da me posseduta ha subito dei piccoli interventi a motore e ciclistica. E' stato montato una scatola filtro aria Screamin'Eagle, abbinata ad un paio di terminali della Quatd omologati (ma privi di db killer), che ha migliorato il motore agli alti regimi, donando una tonalità' di scarico abbastanza coinvolgente, anche se forse eccessiva da sopportare nei lunghi viaggi. La forcella ha beneficiato di molle forcella progressive della Bitubo ed una coppia di ammortizzatori regolabili della stessa azienda, leggermente più' lunghi degli originali, hanno completato il miglioramento della ciclistica. La moto e' diventata un tantino più' rigida in frenata e più' facile da guidare grazie ad una maggior scorrevolezza delle sospensioni.

L'iniezione elettronica rende la 883 adatta anche ai neofiti.

L'ultimo Sportster posseduto  e' una XL 883 standard del 2008 (ad iniezione). Rispetto al motore a carburatore, quello ad iniezione e' docilissimo, accettando aperture dell'acceleratore fin dai bassi regimi anche nelle marce alte, senza incertezze e sussulti, rendendo la guida estremamente facile e, quindi, alla portata anche dei neofiti. L'unico difetto dei modelli di ultima generazione risiede nell'antifurto (impossibile da disattivare) che fa scaricare la batteria dopo poco se si utilizza la moto raramente (salvo si attacchi la batteria ad un mantenitore).
In definitiva: quale comprare???? Se si vuole una moto facile e da usare tutti i giorni si deve prendere l'ultimo modello ad iniezione. Se l'obiettivo e' avere una base per una customizzazione estrema o per correre, converrebbe acquistare la versione  prodotta dal 1991 al 2003. Diversamente, se l'obiettivo e' quello di godersi il tanto amato carburatore, senza rinunciare ad una versatilità' di utilizzo, ci si deve orientare sul modello intermedio a carburatore.



sabato 6 febbraio 2016

Black Monk: alle origini del custom








Bassa. Nera. Senza fronzoli. Semplice. Linee morbide, ma stilose. E' Black Monk: uno Sportster in grado di portarti nei meandri più profondi della customizzazione, così come i monaci ti fanno addentrare nei lati più oscuri della tua anima, dopo averti fatto visitare lati misteriosi dei luoghi in cui vivono.  

Non me lo sarei mai aspettato che una moto si sarebbe insinuata nella mia anima, sconvolgendola da cima a fondo. Mi era capitato nei primi anni novanta con la “Suora”, una Harley-Davidson Fat-Boy 1340 tutta nera, con un enorme copertura sul fato anteriore (che le davano proprio questa connotazione) e la “Eve of Distruction”: una Triumph postatomica costruita sulla base di un Daytona 1000 a quattro cilindri. Entrambe ideate e preparate da quel genio che era Carlo Talamo. Quelle moto mi fecero star male. La mia anima vibrava e si torceva alla vista di quei mezzi, facendomi elaborare concetti di customizzazione ben lontani dagli standard tradizionali.
Pensavo, quindi, che non sarebbe successo mai più.
Poi sono arrivati i ragazzi danesi Wrenchmonkees, che hanno proposto una loro interpretazione del modo di fare custom, destinato a far tendenza. Sono state costruite diverse moto tra cui questo Sportster. E la storia è ricominciata....
Black Monk  entra nel più profondo del tuo essere. Semplice, ma nello stesso tempo complicata, per la ricerca dell'indiscusso effetto suggestivo, non risponde a canoni precisi. Un mix sapientemente amalgamato di tendenze brat style, bobber e delirio postatomico, esaltato da un motore elaborato.
Si parte, infatti, da uno Sportster 883 pre-2004 (quella con il vecchio telaio, per intenderci), portato a 1200 tramite pistoni maggiorati e valvole di diametro maggiore. Il carburatore resta di serie, ma viene montato un filtro dell'aria proveniente dal catalogo della americana Joker Machine ed uno scarico due-in-uno Supertrapp.
Il telaio subisce modifiche solo nella parte posteriore, attraverso il prolungamento di quello originale (cui nel frattempo sono stati tolti gli originali supporti del parafango), sul quale viene montata una sella appositamente creata. Il serbatoio del carburante ha una forma allungata e differente dall'originale,  viene anch'esso costruito in casa.
Si cerca di abbassare la moto il più possibile operando sulla forcella e montando degli ammortizzatori più corti della Progressive Supension. Il tutto abbinato a cerchi da 18 pollici all'anteriore (in luogo degli originali 19) e 16 al posteriore, sui quali vengono montati pneumatici Firestone. A corredo di tutto elementi quali, ad esempio, le pedane Tarozzi, abbinate ad un kit di arretramento delle stesse Storz Performance.
Il monaco nero ha fatto vedere aspetti tenebrosi ma che esistono. Senza scoprire niente di nuovo.

UP: la linea della moto unita alla disarmante semplicità ed al nero opaco.
DOWN: avremmo voluto che ogni particolare fosse diventato nero opaco, unitamente a pneumatici tassellati.

Evel Knievel Motorcycle








Lo stunt-man per eccellenza. Colui che riuscì in imprese epiche saltando su tutto e tutti con le sue motociclette, per poi tentarne altre di veramente impossibili a bordo dei mezzi più improbabili.  Per lui venne coniato l'appellativo di  “daredavil”. Lo Sportster Ironhead la sua moto per eccellenza. La moto rimasta nella memoria di quanti hanno visto le sue gesta eroiche.

La vita di Evel Knievel è ai confini tra realtà e leggenda. Dapprima folle, poi eroe, poi maledetto e, dopo la sua scomparsa, icona insostituibile del rischio su due ruote. La sua vita ha ispirato molti, non solo per le sue performance che hanno fatto impallidire gli uomini dotati di comune raziocinio, ma anche per l'iconografia legata alla sua immagine. Le  “star and stripes”  (le leggendarie stelle e strisce) presenti su tutto quanto lo rappresentasse, sinonimo di una ostentata americanità, oltre che alcuni oggetti, come il costume con il mantello a voler ricordare l'eroe Superman, hanno contribuito non poco ad accrescerne la fama, facendone uno dei simboli del motociclismo made in U.S.A. (Per maggiori approfondimenti vi invitiamo a visitare il suo sito) http://evelknievel.com/ Logico che prima o poi qualcuno dovesse rendergli omaggio in qualche modo.
Deus Ex Machina decide di farlo dedicandogli una Harley-Davidson Sportster. Non si tratta di una riproduzione fedele, costruita utilizzando lo stesso modello originale, ma di una reinterpretazione in chiave moderna, con stile street tracker, utilizzando come base uno Sportster 1200 Evolution costruito antecedentemente al 2004.
Le modifiche più rilevanti hanno riguardato il riposizionamento della batteria e di tutto l'impianto elettrico sotto il codone utilizzato da flat-track, oltre alla costruzione del serbatoio dell'olio ed al montaggio di un kit di trasmissione finale a catena, necessario per ospitare un diverso cerchio con pneumatico maggiorato. Per il resto, si è provveduto principalmente ad un opera di styling cromando forcellone,  motore ed altri particolari, oltre a lavorare nella direzione di una snellezza della linea. Il motore, a parte il montaggio di un filtro dell'aria aperto ed uno scarico due-in-due Supertrapp alto da flat track, non ha subito modifiche. La ciclistica, ha beneficiato di nuovi ammortizzatori posteriori ed una revisione della forcella, oltre a nuovi freni. Contrariamente alle prodezze di Evel Knievel, non si può parlare di una moto estrema ma, al contrario, di un mezzo da utilizzare tutti i giorni. Sarebbe interessante che altri preparatori diano seguito a questo filone, costruendo moto dedicate a questo grande personaggio.

UP: la generale qualità costruttiva e l'interpretazione della moto in chiave street tracker.
DOWN: alcune scelte stilistiche come il posizionamento del contachilometri al lato della forcella, gli specchietti sotto al manubrio, ed il filtro dell'aria.





venerdì 5 febbraio 2016

L'evoluzione della specie








Uno Sportster che nel tempo cambia pelle, adeguandosi alla nuova realtà ed alle nuove esigenze, in linea con le tendenze del momento.

Del nostro amico Cosmo Di Gorga e della sua moto ci siamo occupati una decina di anni addietro raccontandovi della sua creatura prima sulle pagine di “Freeway Magazine Italia” eppoi sul web http://www.1957legend.it/2013/04/daytona-demon.html. Non vi abbiamo detto, però, che nel frattempo Cosmo  ha fatto di tutto tranne che stare fermo: e' entrato a far parte di un car-club ed ha fondato, insieme con gli inseparabili amici Simone ed Alex, “Bomber Garage”, realtà alle porte della capitale specializzata in customizzazione di moto ed auto (americane in prevalenza). Quale miglior biglietto da visita del suo Sportster ancor più evoluto nella customizzazione ?
Rispetto alla prima trasformazione, gli interventi sono pochi, ma ben mirati, in modo da arrivare ad avere una street tracker in piena regola. Viene montato un manubrio largo, che va a prendere il posto dei semi-manubri. Vengono smontati, poi,  anche l'ampio cupolino ed il parafango anteriore. La ciclistica subisce interventi solo alla forcella, attraverso il montaggio di molle progressive e di un olio più denso. Vengono costruite le pedaline in allumino ricavato dal pieno ed arretrate nella posizione. Dato che il motore è quello molto potente del modello 1200 S del 1998, con testata a doppia candela, salvo  un carburatore Mikuni da 42mm ed uno scarico due-in-uno con collettore Supertrapp e terminale Marving da corsa anni settanta (presenti anche sulla versione cafe racer), non subisce interventi.  Degna di nota la verniciatura effettuata a mano tramite la tecnica del  “pinstriping”.  Se sul serbatoio vi è esplicito richiamo al tema delle corse auto, diversamente sul codone si riprendono i temi della cultura messicana. La scelta di questo mix è dettata dal fatto di voler avere qualcosa di originale.

UP: stile della moto, qualità delle parti costruite in casa e pinstriping eseguito.
DOWN: la base bianca di verniciatura e scarico che ne fa perdere il carattere e targa laterale.